Bimbo nato morto, i genitori a processo 

Il pm: «La ragazza ha interrotto illecitamente la gravidanza e il compagno non si è attivato per indurla a fare le visite»

CHIETI. Finiscono sotto processo i genitori di un bambino nato morto. Il sostituto procuratore della Repubblica di Chieti Lucia Anna Campo ha firmato il decreto di citazione a giudizio nei confronti di A.D.L., 28 anni, nata a Francavilla e residente a Ortona, e del compagno S.D’A., 35enne teatino: la prima udienza è in programma il prossimo 20 ottobre.
LE ACCUSE Secondo l’accusa, la ragazza, alla trentaduesima settimana di gestazione, «in assenza dei presupposti di legge», ha interrotto «illecitamente la gravidanza in quanto assumeva metadone senza alcuna mirata gestione della terapia di disassuefazione e, nonostante la continua presenza di perdite di sangue», ha omesso «di sottoporsi a opportuni controlli, esami diagnostici e terapie, sino alla morte del feto e all’aborto spontaneo». Al giovane è contestato il concorso nello stesso reato perché, «in qualità di convivente della donna e genitore del nascituro», ha omesso di «attivarsi per indurre A.D.L. a sottoporsi alle opportune visite mediche ginecologiche e di procurarle l’assistenza sanitaria necessaria a monitorare la crescita del feto». Codice penale alla mano, lei rischia fino a 6 mesi di reclusione; lui, invece, da uno a quattro anni.
LA RICOSTRUZIONE Per riepilogare la vicenda, bisogna tornare indietro di quasi tre anni. Nella mattinata del 12 giugno del 2018 a chiedere aiuto, allertando il 118, è il fidanzato: riferisce che la compagna, con problemi di tossicodipendenza e al quinto mese di gravidanza, sta sanguinando mentre si trova in bagno. La ragazza dice al medico di aver perso il bambino. E qui le versioni si fanno discordanti. Secondo l’uomo, il dottore risponde di tirare lo sciacquone. Il medico, invece, racconta altro: «Le ho chiesto subito dov’era il feto e lei mi ha risposto nel water, facendo capire di aver avuto l’aborto mentre era seduta in bagno in preda ai dolori. Ma non c’era traccia di cordone ombelicale su di lei. Né traccia del feto nel water, dove c’erano, invece, molto sangue e alcuni filamenti». Fatto sta che, in base alla testimonianza del compagno, mentre i sanitari trasportano la fidanzata in ambulanza, lui raccoglie il feto, lo mette in un sacchetto e lo lascia su un mobile di casa; poi, esce per accompagnare la ragazza in pronto soccorso. Quando i medici dell’ospedale visitano la paziente, accertano che la gravidanza non è al quinto mese, bensì alla trentaduesima settimana. Nel momento in cui chiedono alla coppia dove si trova il feto, il ragazzo risponde di averlo lasciato a casa. Poi il giovane torna nel suo appartamento, recupera il corpicino e raggiunge di nuovo l’ospedale.
LE INDAGINI A questo punto, i medici segnalano il caso alla procura e scattano le indagini dei carabinieri del nucleo operativo e radiomobile di Chieti, coordinati dalla tenente Maria Di Lena. Il medico del Sert che, in quel periodo, ha in cura la donna riferisce che la paziente non assumeva più eroina e cocaina bensì solo metadone ed era in buone condizioni di compensazione. Non solo: nonostante i ripetuti inviti, dopo aver notato una «evidente rotondità addominale», a sottoporsi a test e a esami diagnostici, la giovane ha negato per mesi la gravidanza, fino a quando, solo a giugno, ha ammesso di essere al quinto mese e accettato una visita che non si è mai tenuta perché anticipata dall’aborto nel bagno di casa. Fin qui la sequenza degli eventi. Secondo il pm Campo, non sono emerse responsabilità da parte degli indagati perché il feto è nato morto; inoltre, l’assunzione di metadone e droghe da parte della 28enne non è stata la causa del decesso.
L’UDIENZA Ma il giudice Andrea Di Berardino non archivia e decide di fissare l’udienza. I genitori rendono dichiarazioni spontanee nelle quali fanno presente che si è trattato di un aborto naturale. Ma la loro versione non convince il giudice: da qui, l’imputazione coatta. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Stefano Azzariti e Carmine Montebello.
©RIPRODUZIONE RISERVATA