Di Ilio: sarò rettore di tutti con senso di responsabilità

È entrato in ateneo 40 anni fa da precario e ha raggiunto la massima carica Eletto con 497 preferenze, annuncia che non nominerà nessun prorettore

CHIETI. «Sono qui da 40 anni: sono entrato da precario ed esco da rettore». Carmine Di Ilio, neo eletto rettore dell’università D’Annunzio, confessa che è stato questo il suo primo pensiero appena si è reso conto di avercela fatta. Il preside di Medicina ha vinto la sfida con Gaetano Bonetta, Raffaele Tenaglia e Michele Vacca, riportando un largo consenso. Di Ilio ha raccolto 497 preferenze, tra voti interi e ponderati. Gli altri candidati si sono fermati a 94, nel caso di Bonetta; 89 Vacca e 79 Tenaglia; 26 le schede bianche o nulle. Per quanto riguarda il personale docente, la percentuale di voti ottenuta da Di Ilio è di circa il 65 per cento.

Rettore, si aspettava un consenso così ampio?

«Non ho mai perso la fiducia perché confrontandomi nei dipartimenti avvertivo una sensazione positiva, anche se non me l’aspettavo di questa portata. L’ho presa molto bene!».

Come si spiega questo successo elettorale?

«Sicuramente grazie ai contenuti del mio programma, ma credo che abbia influito anche il modo sobrio con cui mi sono proposto: senza rinnegare il passato ma spiegando che stiamo andando incontro ad un periodo delicato e difficile e non ci possiamo permettere divisioni. Se solo pensiamo alla riduzione del fondo di funzionamento che negli ultimi anni è diminuito del 15 per cento, ci rendiamo conto che i soldi che vengono dal ministero non basteranno. Gli studenti vogliono i servizi, l’ammodernamento delle strutture, l’introduzione di nuove tecnologie, la vita di relazione nei campus di Chieti e di Pescara. E poi c’è il problema turnover: non riusciremo a recuperare le quote legate al pensionamento dei colleghi. Non possiamo sfuggire a questi temi di carattere generale: occorre un grande senso di responsabilità, e io l’ho imposta fin dalla campagna elettorale».

Come si organizzerà?

«Serve un gruppo di persone che ha voglia di fare. Prima vedremo come si andranno a formare gli organi statuari: senato accademico, cda, nucleo di valutazione. Io posso fare politica accademica ma non ho competenze su tutto. Chi vuole venire a lavorare può farlo, la porta è aperta».

L’invito vale anche per i suoi avversari in campagna elettorale?

«Certo che sì. E sono contento del fatto che tutti e tre mi abbiano chiamato per congratularsi».

Dalla sede di Pescara arriva una forte richiesta di maggiori attenzioni.

«Mentre venivo proclamato rettore si stava tenendo il consiglio comunale a Pescara e qualcuno ha detto “finalmente un rettore pescarese”, e c’è stato un applauso bipartisan. Questo mi fa piacere, ma io sono il rettore dell’università con un polo pescarese e uno teatino, e nella mia figura incardino tutto: non credo nei prorettori dell’una o dell’altra sede, c’è un rettore e ci saranno dei delegati su temi concreti che dovremo affrontare. Perché si tratta di un’unica realtà con problemi specifici diversi».

La sua crescita professionale va di pari passo con la storia della D’Annunzio.

«Sì, e per questo devo ringraziare chi mi ha preceduto, tutti i rettori che mi hanno dato questa possibilità e hanno costruito questa bella realtà. Gli amici che mi stanno attorno, chi ha creduto in me, e sono tanti, molti all’interno della mia facoltà e del personale tecnico-amministrativo. Tutti fanno parte della mia storia».

Chi altro sente di dover ringraziare?

«La mia famiglia, che non mi ha fatto mancare un appoggio discreto. Mia moglie Leda e mia figlia Emanuela che vive a Piacenza con il marito, lavorano in ospedale. E poi mio padre Francesco e mamma Angela che non ci sono più ma che sono sicuro sarebbero stati orgogliosi. Mio padre era un appuntato di pubblica sicurezza di origine molisana. Per anni non capiva che facoltà facessi, ogni tanto andava alla ricerca di qualche indizio. Per loro è stato un sacrificio farmi studiare, ma mi hanno sempre incoraggiato».

La D’Annunzio ha un bilancio di 233 milioni di euro e 32 mila studenti. È una grande sfida, non ha timore?

«Ho sempre vissuto in ateneo, non l’ho mai guardato da fuori, per cui qui mi sento a casa».

©RIPRODUZIONE RISERVATA