La gioia dei teatini all'arrivo del re

Storia della visita di Vittorio Emanuele prima dell'incontro a Teano

 CHIETI. In questi giorni in cui si celebra il centocinquantesimo anniversario dell'unità italiana, è normale ritornare con il pensiero agli avvenimenti di quegli anni, si parla moltissimo di ciò che avvenne nella penisola intera, ma mi pare logico ripensare a ciò che avvenne specificatamente a Chieti. In particolare ricordare il passaggio e la permanenza a Chieti del Re Vittorio Emanuele IIº e del suo seguito avvenuti il 18 e 19 ottobre del 1860. Chieti fu il primo capoluogo di provincia visitato dal Re in Abruzzo, nella sua discesa attraverso l'Italia che lo portò poi a incontrare il giorno 26 ottobre a Teano il Generale Giuseppe Garibaldi. Ricordiamo che nel 1860 erano avvenuti i plebisciti di unione per Parma, Modena e la Toscana e la conquista attraverso la spedizione dei Mille del Regno delle Due Sicilie della Romagna, dell'Umbria, Marche, di Benevento e Pontecorvo tolti al Regno pontificio. Nel gennaio del 1861 furono indette le prime elezioni del regno e nel febbraio fu convocato il primo parlamento che proclamò esattamente il 17marzo del 1861 il Regno d'Italia.  La visita del Re è quindi un avvenimento apicale che segna il momento più importante vissuto dalla città di Chieti, nell'occasione dell unità.  Il Re aveva passato il fiume Tronto entrando in Abruzzo alle ore dieci del 15 ottobre 1860, soffermandosi nel suo tragitto abruzzese prima di giungere a Chieti a Giulianova e a Castellammare (l'odierna Pescara) dove il re soggiornò due giorni.  C'è da premettere che Chieti allora vantava un bel gruppo di liberali, forse il più cospicuo d'Abruzzo: Giuseppe e Giovanni De Sanctis avvocati famosi, assieme a monsignor Ricciardone Vescovo di Penne e ultimo del suo nobile casato. Le sorelle erano anch'esse attive liberali, in particolare la più ardente era Dorinda che non si era voluta maritare e che al passaggio del Re sotto il palazzo di famiglia sventolò il primo tricolore chietino, cucito assieme alle sue nipoti. Altra importante famiglia liberale di Chieti era quella del Barone Tabassi, che per questo nel 1821 aveva lasciato l'esercito borbonico. Altri giovani liberali erano i fratelli Auriti, Filiberto De Laurentiis, Decoroso Sigismondi, Raffaele Olivieri e Raffaele de Novellis altro avvocato originario di Alanno. Tutti questi assieme anche a Raffaele Lanciano si riunivano in casa Tabassi.  Ma torniamo all'arrivo del Re a Chieti che superò ogni aspettativa per l'entusiasmo della popolazione che lo festeggiava, il Re entro in città a cavallo, sul suo fido cavallo bianco Solforino, dopo aver salutato le autorità il sindaco Fieramosca e l'arcivescovo De Marinis. L'entusiasmo della folla lo divise dal suo lungo seguito e stato maggiore, formato da militari che procedevano a cavallo e in carrozza, tra cui vanno ricordati D'Angrogna, De Sonnaz, Cigala, Menabrea, Robilant, il ministro dell'interno Carlo Farini, due consiglieri di governo: Lovera de Maria ed Emilio Veglio di Castelletto.  Una folla di giovani precedeva il Re, portando rami di olivo, creando una pittoresca selva, tra la quale una donna del popolo reggeva addirittura un tronco di olivo. Tutta la città era tappezzata con scritte ed epigrafi del Pellicciotti. Pompeo Salvatore, che poi fu deputato per Atessa, scrisse un ispirato sonetto. Le due bande cittadine intonarono un inno al re scritto dal Pellicciotti e musicato dal maestro Samonez e cantato dai filarmonici della Città.  Il Re fu ricevuto nel palazzo dell'Intendenza del cui addobbo si occuparono le famiglie più ricche, il Barone Frigerj espose la sua famosa collezione di quadri che comprendeva quadri dell' Hayez, Induno e del Bertini e mise a disposizione per il gran pranzo che seguì il ricevimento, la sua splendida argenteria. Il vasellame e il resto fu provveduto da casa De Laurentiis. Al pranzo parteciparono tutti i notabili e gentiluomini della città ad esclusione di quei pochi ferventi borbonici che si erano tappati in casa, sbarrandone i portoni.  Da notare che il Re aveva al suo seguito anche la moglie morganatica, la contessa di Mirafiori, passata alla storia con il soprannome di bella Rosin, questa alloggiava in luoghi sempre diversi da quello dove veniva sistemato il Re, aveva una carrozza tutta per sé e al suo servizio il generale Morozzo. A Chieti fu alloggiata alla cascina Nolli. Mentre il Re dormì a palazzo De Majo. La contessa a detta dei commenti delle signore chietine del tempo, molto sobrie nel vestire, aveva un aspetto teatrale e vestiva in modo sontuoso e senza garbo.  Il Re fu ricevuto dall'arcivescovo e dal suo capitolo in San Giustino fu intonato il Te Deum.  L'indomani la partenza del Re fu commovente, egli avrebbe voluto fermarsi di più, appariva molto curioso e interessato, il suo volto si narra era velato da malinconia, prima di partire il Re fece molte elargizioni, tra cui una cospicua donazione per costruire un asilo infantile, che portò il suo nome. Il Re fu salutato dal sindaco e dalle autorità cittadine e dalla Guardia nazionale. Egli percorse a piedi la via Colonnetta salutato sempre a due ali di folla fino al cippo miliare romano, detto Colonnetta, presso l'attuale stazione ferroviaria, dove risalì a cavallo e partì alla volta di Sulmona. Nelle memorie scritte lasciateci del deputato al parlamento Emilio Visconti Venosta che lo seguì in questo viaggio scrivendogli i proclami per la nuova nazione, accoglienze come quelle di Chieti, il Re ne aveva ricevute solo in città come Bologna e Milano, ma a Chieti erano state superate, questo non può che nei giorni di commemorazione che fare onore alla nostra città. (Maria Teresa Piccioli direttore tecnico museo nazionale di Chieti)

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