La rabbia delle palestre: i nostri centri sono sicuri 

Dopo il decreto c’è chi continua l’attività all’aperto e chi si arrende alla chiusura Lo stop è una doccia fredda dopo gli investimenti per sanificare i locali: danni gravi

CHIETI. Hanno speso soldi, tempo ed energie per adeguarsi a tutti i dettami dei decreti governativi. Ma non è bastato alle palestre per evitare la chiusura, una doccia fredda che mette in ginocchio un intero settore. C’è chi prova a reagire spostando tutte le attività all’aperto e chi si arrende con rabbia e impotenza alle nuove regole. Stefano Quarta, titolare della Crossgym vicino al Centauro, ha la fortuna di non lavorare in centro città e di avere dunque spazio all’aperto da sfruttare. E così, con altri investimenti per attrezzare una minima copertura, la Crossgym non ha chiuso. «Siamo ancora in attività», dice Quarta, «sperando di poter rientrare al chiuso a fine novembre. Noi non molliamo». Anche Giada Nicolini della Crossfit Velvet, a Sambuceto, ha scelto la stessa strada: «Resistiamo allenandoci all’aperto», commenta la giovane istruttrice, «certo non pensavo che saremmo arrivati a questo. Ci avevano detto che, se eravamo a norma, non ci avrebbero chiuso; noi abbiamo fatto tanti sforzi per seguire tutte le prescrizioni, ci siamo riusciti ma non è servito. Ora speriamo solo in una rettifica del decreto dopo le proteste generali». Sara D’Alessandro, titolare della palestra Audacia allo Scalo, va contro corrente: «Non voglio riaprire. Lavorare con così tanta poca gente è antieconomico. Parliamo del 30% di affluenza in meno. Credo sia stato un massacro anche farci riaprire a maggio, con tante spese per adeguarci ai regolamenti anti-Covid».
Il campione di pugilato Emanuele Cavallucci è indignato: «Trovo assurdo chiudere locali da dove non è mai uscito un caso di contagio. Si tratta di locali iper controllati e per fare questo sono stati fatti investimenti notevoli. Mentre non si fa nulla, ad esempio, per i trasporti pubblici. Io mi sto allenando, ma non ho incontri in programma, mentre la palestra dove alleno i ragazzini, la Di Giovanni Boxe, è chiusa. Sono possibili allenamenti solo per chi fa agonismo». Porte chiuse anche nella palestra di karate Accademia dello sport, allo Scalo, dove c’è il consigliere del comitato regionale Fin (Federazione italiana nuoto) Alessio Matarazzo che, insieme al presidente Fin Abruzzo Antonio Carpente, sta cercando di incontrare i rappresentanti istituzionali di Comune, Provincia e Regione per chiedere sostegni economici per la categoria. «Per noi è stata una botta grandissima», dice, «lo sport che dovrebbe essere considerato come tutela della salute pubblica è ora visto in senso contrario. Dal punto di vista economico ovviamente la situazione è grave: prima abbiamo perso il 70-75% degli iscritti e adesso ci hanno anche costretti a chiudere».