La sorella: donati gli organi Matteo continuerà a vivere 

La disperazione di Katia: «È stata una fatalità, non voleva fargli del male Non è vero che in passato erano arrivati i carabinieri perché litigavano sempre»

MIGLIANICO . «Un pezzo di Matteo resterà ancora con noi, continuerà a vivere in questo mondo e darà speranza a chi ne ha bisogno». È ora di cena quando Katia ed Emanuele, i fratelli di Matteo e Giuseppe Giansalvo, accettano di parlare al termine della giornata più dolorosa della loro vita. E rispondono così quando chiedi loro il perché abbiano deciso, insieme a mamma Gina, di dare l’autorizzazione alla donazione degli organi.
No, non hanno parole di risentimento nei confronti di Giuseppe, 21 anni, adesso accusato di omicidio per quel colpo alla testa inferto con un rullo da pittore: «È stata una fatalità sfociata in una tragedia assurda. Non voleva fargli del male. E non è assolutamente vero, come qualcuno va ripetendo in paese, che i carabinieri erano intervenuti in passato per altre liti. Discutevano come fanno tutti i ragazzi della loro età: niente di più».
Ora Giuseppe agli arresti domiciliari a casa di Emanuele, che vive a Ripa Teatina insieme alla fidanzata Valentina D’Ettorre. «Matteo aveva bisogno di un rullo per fare un lavoro e il fratello gliel’ha dato», ricostruisce Emanuele. «Uscendo dalla cameretta di Giuseppe, Matteo è andato a chiedere delle sigarette a mia madre e hanno avuto una piccola discussione. Giuseppe ha sentito tutto e ha detto al fratello: “Visto che non t’impari a trattare bene mamma, ora mi ridai il rullo e ti arrangi”. A quel punto, con quello strumento, Giuseppe è tornato in camera, lo ha posato e si è messo al letto, in pigiama. Dopo un po’, Matteo è entrato in camera di Giuseppe e ha preso di nuovo il rullo. Quest’ultimo è sceso giù dal letto, si è avvicinato al fratello ed è iniziato una sorta di tira e molla. Matteo ha lasciato il rullo all’improvviso ed è andato addosso a Giuseppe, che ha alzato solamente il braccio per difendersi». Fin qui la cronaca della tragedia, descritta da Emanuele sulla base della testimonianza di Giuseppe.
Insiste Katia: «È stato un colpo assolutamente involontario. Ma quale omicida: lui è un pezzo di pane, non uccide neppure le mosche, ha paura anche della sua ombra. Adesso verrà seguito da una psicologa: solo lui sa quello che prova. Ha sensi di colpa assurdi. Ieri notte Giuseppe ha sognato Matteo che lo abbracciava, come per dirgli: lo so che non l’hai fatto apposta. Anche mia madre è distrutta».
La ragazza descrive così il ventunenne: «È un ragazzo tranquillo, solare, non ha tanti amici perché gli piace stare da solo». Emanuele aggiunge: «La sua bontà e la sua dolcezza sono indescrivibili. Da poco aveva terminato il suo primo lavoro da corriere: era in attesa di una nuova chiamata». Poi, torna sulle voci circolate in paese su presunte, frequenti liti al civico 56 di contrada Elcine. «Tutte cavolate. O meglio: in passato c’erano state sì piccole discussioni, ma è roba che accade in tutte le famiglie. Non è vero che litigavano sempre».
La voce di Katia ed Emanuele è rotta dall’emozione quando ricordano Matteo. «Era un ragazzo con una personalità forte», racconta il fratello. «Era sempre convinto delle sue azioni. Voleva far vedere che era un duro, ma era un giovane con un cuore d’oro».
Katia pubblica le foto su Facebook di momenti felici, accompagnate dalla frase: “Vola in alto, amore mio”. «Matteo aveva lasciato la scuole e lavorava come muratore», racconta la sorella. «Era legatissimo alla nipotina Arianna, che è mia figlia. Era un ragazzo molto vivace. Prendeva subito confidenza e aveva amici in tutto l’Abruzzo. Soprattutto, aveva una voglia di vivere assurda. Non aveva paura di nulla. Neanche della morte».
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