Le minacce degli aggressori alla vittima Il video sui social: «Ti stiamo cercando» 

Uno dei picchiati, terrorizzato su Facebook, è intenzionato a ritirare la denuncia. L’ipotesi: «Ha timore di ritorsioni» Il giudice lancia l’allarme: «Indagini difficili, si è ormai instaurato un clima di intimidazione e reticenza molto pesante»

CHIETI. «Ti stiamo cercando». Qualche ora dopo il pestaggio di Chieti Scalo, con due giovani presi a calci e massacrati con il tirapugni, uno degli aggressori, Matteo Camillo Mammarella, ha girato un video di minacce e lo ha inviato su Facebook a uno dei picchiati. A raccontarlo sono le carte dell’inchiesta sulla movida violenta, coordinata dal pm Giancarlo Ciani e condotta dai poliziotti della squadra mobile e dai carabinieri della stazione di Chieti Scalo. Un’indagine sfociata sabato pomeriggio negli arresti dei diciannovenni Mammarella e Lorenzo Creati, residenti rispettivamente a Manoppello e Spoltore, e nell’obbligo di dimora (con divieto di uscire di casa dalle 22 alle 6) nei confronti dei pescaresi Roberto Salutari, 23 anni, e Denny Romolo De Luca (18).
Nelle ore immediatamente successive all’aggressione del 16 marzo, avvenuta in viale Benedetto Croce, nei pressi della Galleria Scalo, una delle vittime – un ventitreenne teatino – è entrata sul suo account social e ha trovato «una serie di videochiamate perse, provenienti dal profilo di Mammarella», ricostruisce il giudice Luca De Ninis, «nonché un video visualizzabile una sola volta, avviato il quale Mammarella appariva con gli stessi amici presenti durante l’aggressione e lo minacciava con le parole “ti siamo cercando”: dunque una minaccia grave e un riscontro documentale della sua (anzi della loro, ma non è chiaro chi fosse insieme con lui) partecipazione diretta all’aggressione precedente».
Alcune dichiarazioni dei ragazzi aggrediti risultano contrastanti. «Una spiegazione possibile», spiega il giudice, «è che i due giovani siano stati pesantemente intimiditi, intimidazione certamente intervenuta e dimostrata nell’integrazione della querela sporta il 19 marzo 2024 e che per tale ragione abbiano di seguito tentato di “ammorbidire” le accuse dirette nei confronti di Mammarella». Alcuni aspetti del pestaggio, è scritto ancora nell’ordinanza, «saranno assai difficili da approfondire, attraverso l’esame delle persone offese, in ragione del clima di intimidazione e reticenza che si è ormai instaurato».
Tant’è che il ventitreenne, pur sostenendo di «non aver ricevuto alcuna (ulteriore, visto che quelle di Mammarella non sono state mai negate) minaccia o richiesta di rimettere la querela», ha dichiarato davanti agli investigatori: «Penso che mi recherò dai carabinieri per ritirarla per motivi familiari, in quanto voglio stare tranquillo e non pensare più a questa storia». Il giudice non ha dubbi: «Non vi è alcuna ragione plausibile per la quale il ventitreenne nella querela abbia ritenuto di riconoscere Mammarella come autore materiale delle lesioni gravi e “guida” del gruppo, per poi ritrattare; mentre sarebbe pienamente logico il percorso inverso, di un’accusa diretta contro di lui ben fondata, ma ritrattata e “attenuata”, nei limiti del possibile, a seguito delle minacce ricevute e per il timore di subire ulteriori ritorsioni violente».
Anche il secondo arrestato, Creati, ha contattato la vittima minacciata da Mammarella subito prima che questa si incontrasse con l’altro giovane rimasto ferito, appena dimesso dall’ospedale, per chiedere «spiegazioni» sulle condizioni del suo amico e sulle eventuali denunce presentate. «Di tale circostanza», sottolinea il giudice, «il ventitreenne informa gli inquirenti solo il 18 aprile e, nel contesto, prospetta la propria intenzione di rimettere la querela, la cui esistenza aveva falsamente negato a Creati. Non è disagevole cogliere un clima di intimidazione molto pesante». In questo scenario, secondo il giudice, è evidente anche «il pericolo di condizionamento dei testimoni, che risulta essere stato già esercitato nei confronti di entrambe le vittime e che, probabilmente, ha anche già prodotto effetto».
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