Sparatoria al bar, quattro indagati 

San Salvo, l’inchiesta sull’agguato a colpi di pistola: contestato il tentato omicidio

SAN SALVO. Dodici colpi. Tre in sequenza, altri 9 dopo una breve pausa. Ma non fu la stessa pistola a sparare. Le pistole sequestrate dai carabinieri, dopo la sparatoria della sera del 14 aprile 2015 a San Salvo davanti al bar Evelin in contrada Stazione, furono due: si trattò di due Beretta calibro 9 detenute illegalmente. Ieri la procura di Vasto ha inviato ai difensori degli autori del conflitto a fuoco l’avviso di conclusione delle indagini. Tre gli indagati per tentato omicidio in concorso: Fasli Faslia, 35 anni, disoccupato, Clirim Tafili detto Jimmi, 49 anni, imprenditore edile, e Bimi Tafili. Un quarto indagato, Elvin Tafili, è accusato di detenzione di arma da fuoco. I quattro sono tutti albanesi. Il primo fu ferito alle gambe da tre colpi di pistola.
La procura è arrivata al termine delle indagini grazie anche ai Ris e alle perizie del medico legale Pietro Falco che hanno accertato la natura delle ferite e la dinamica della sparatoria. Recuperati tutti i bossoli, rilevate impronte e indizi e ascoltati diversi testimoni. Il fatto avvenne verso le 22, mentre era in corso una partita di Champions League della Juventus. Secondo la ricostruzione degli investigatori, Faslia raggiunse il bar Evelin. Tafili si trovava all’interno del bar. Faslia era armato di pistola: una semiautomatica calibro 9. Prima ancora di riuscire a entrare fu raggiunto da tre proiettili esplosi all’interno del locale. Anche se ferito, Faslia riuscì a mettersi al riparo e rispose al fuoco esplodendo, a sua volta, altri colpi di pistola andati a vuoto. Poi si accasciò. Il movente del regolamento di conti pare fosse un conflitto d’interesse. La vicenda ancora oggi è ricordata con sconcerto e paura dai cittadini. Solo per miracolo, quella sera, i tifosi della Juventus pronti a seguire la squadra del cuore nel locale rimasero illesi.
I difensori degli indagati preferiscono non pronunciarsi. «Non ho ancora letto le conclusioni della procura», dice l’avvocato Marisa Berarducci che difende gli indagati insieme ai colleghi Alessandro Orlando, Giovanni Di Santo, Fiorenzo Cieri e Luigi Stampone.
Paola Calvano