Trotta, udienza sul suicidio in carcere 

Vasto. Oggi dal Gup la vicenda del dirigente della Asl di Pescara che si è impiccato in cella dopo l’arresto per corruzione

VASTO . Il suicidio in carcere a Vasto di Sabatino Trotta, lo psichiatra e dirigente della Asl di Pescara arrestato il 7 aprile 2021 nell'ambito di una inchiesta della Procura pescarese, a parere della Procura di Vasto, poteva e doveva essere evitato. Per questo oggi compariranno davanti al giudice per le udienze preliminari del tribunale di Vasto, Fabrizio Pasquale, la direttrice del carcere, Giuseppina Ruggero, e l'assistente capo della polizia penitenziaria, Antonio Caiazza.
Il reato contestato è omicidio colposo per una serie di omissioni che avrebbero permesso al dirigente della Asl pescarese di superare il rigido protocollo che si applica ai detenuti al loro ingresso in carcere e togliersi la vita. Trotta era finito in carcere con l'accusa di corruzione al termine di una inchiesta della Procura di Pescara su una gara da oltre 11 milioni di euro indetta dall'azienda sanitaria per l'affidamento della gestione di residenze psichiatriche extraospedaliere. La direttrice del carcere, originaria di Roma ma residente a Montesilvano, avrebbe, stando al capo d'imputazione, "richiesto un colloquio immediato del detenuto presso di sè, inducendo in tal modo Trotta a chiedere il differimento del colloquio psicologico". Altro particolare contestato: nessuno sottopose Trotta a un’accurata perquisizione, tanto che gli venne lasciato il laccio del pantalone della tuta con il quale lo psichiatra si impiccò. Non meno grave il fatto che il detenuto avesse con sè della sostanza stupefacente. “Trotta assumeva cocaina all'interno della propria cella poco prima di togliersi la vita", recita l'accusa. Circostanza emersa dall'esame tossicologico eseguito dopo l'autopsia.
A difendere gli imputati sono gli avvocati Massimo Solari, Cristiano Bertoncini, e Marisa Berarducci. Quest'ultima avrebbe intenzione di utilizzare in aula documenti che dimostrano l'assoluta estraneità del proprio assistito alle accuse. «Dimostrerò che in quei giorni a dettare le regole era il Covid», afferma l'avvocato Berarducci, «l'assistente capo non poteva avvicinarsi al detenuto. Trotta avrebbe dovuto fare la quarantena in un'altra cella come tutti i detenuti appena arrivati». (p.c.)
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