Addio Tonino Valerii regista teramano che diresse Henry Fonda

TERAMO. Tonino Valerii non c'è più. Il maestro teramano del cinema, uno dei padri del western europeo, ammirato e citato da Quentin Tarantino, è morto ieri alle 15 in una clinica romana all'età di 82...

TERAMO. Tonino Valerii non c'è più. Il maestro teramano del cinema, uno dei padri del western europeo, ammirato e citato da Quentin Tarantino, è morto ieri alle 15 in una clinica romana all'età di 82 anni, circondato dall'affetto della famiglia. Lascia la moglie Rita, i figli Francesca, Andrea, Luca, e la sorella Rosella. Funerali domani a Roma.

Nella capitale la sepoltura. Tonino Valerii (la doppia "i" viene dal cognome del bisnonno francese, Valery) era nato il 20 maggio 1934 a Montorio al Vomano, dove visse un'infanzia alla "Nuovo Cinema Paradiso", scandita dalla visione vorace di film nel cinema di paese. Nel 1955 il trasferimento a Roma per frequentare il Centro sperimentale di cinematografia, dove fu allievo tra gli altri di Alessandro Blasetti e dove si diplomò in regia e sceneggiatura. Regista e sceneggiatore eclettico, cinefilo colto e raffinato, aveva letto nell'adolescenza tutti i grandi teorici della settima arte, Ejzenstejn, Kracauer, Sadoul. Nella sua filmografia 14 lungometraggi: molti western e film di genere, ma anche un oggetto curioso come "La ragazza di nome Giulio", selezionato per il Festival di Berlino 1970.

Valerii ha diretto anche sceneggiati di successo per la prima serata di Rai e Canale 5: "Due madri" con Barbara De Rossi, "Il ricatto" con Massimo Ranieri, "Una prova d'innocenza" con Enrico Montesano. Nel 2007 è stato attore nel film di Andrea Adriatico "All'amore assente". Ha scritto un "Manuale dell'aiuto regista" (Gremese, 1996) tuttora considerato un classico. Sono soprattutto i western all'italiana a farlo ricordare, come "I giorni dell'ira" (1967), costruito sul confronto edipico tra i due pistoleri Lee Van Cleef e Giuliano Gemma. Tarantino, che accarezzò a lungo l'idea di un remake, inserì questo film e un'altra pellicola del regista abruzzese, "Una ragione per vivere, una per morire" (1972), con James Coburn, Telly Savalas e Bud Spencer, nella retrospettiva curata nel 2007 per la Mostra di Venezia.

Il titolo più famoso di Valerii, "Il mio nome è Nessuno" (1973), con Terence Hill e l'icona Henry Fonda, oltre ad aver raggiunto un incasso mai più superato da un western europeo, era ammirato da un altro cineasta americano di culto, Jim Jarmusch, che in "Dead Man" (1995) ne incluse una citazione letterale. Ecco, Tonino Valerii, e un po' ne soffriva, era più amato all'estero, da cineasti e critici, che in Italia, dove continuano a collocarlo nell'ombra di Sergio Leone, produttore de "Il mio nome è Nessuno", per il quale era stato, a inizio carriera, autore dei dialoghi e poi aiuto regista nella trilogia del dollaro. Invece, fuori dai confini patrii, omaggi, premi, riconoscimenti. La Cinématèque Française di Parigi, serissimo tempio della settima arte fondato dai critici dei Cahiers, gli dedicò nel 2002 una retrospettiva completa. In Giappone lo invitavano spesso, la Spagna lo ha decorato nel 2008 nel festival Almerìa - Tierra de Cine.

Tanti gli attori importanti diretti da Tonino Valerii, alcuni autentici giganti, Henry Fonda, Toshiro Mifune, Salvo Randone. Pur vivendo da tempo a Roma, Tonino Valerii aveva serbato il legame con la sua terra e con i fratelli Valerio, Peppino, Ornella (che non ci sono più) e Rosella.

Nel 1993 aveva inventato il festival Roseto Opera Prima, portando ogni estate nella cittadina rivierasca i migliori registi esordienti. Rammentando forse follia e divertimento del fare cinema da giovani. Come quando, 29enne, con lo pseudonimo Robert Bohr, fu sceneggiatore e aiuto regista per Camillo Mastrocinque del gotico "La cripta e l'incubo". Tonino Valerii non c'è più. Ma vive nei suoi film, che resteranno per sempre.

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