Bonfiglio Liborio segnalato per il Premio Strega 

Il romanzo dello scrittore lancianese Remo Rapino nella nuova cinquina di libri proposti dalla giuria

ROMA. “Vita morte e miracoli di Bonfiglio Liborio” dello scrittore lancianese Remo Rapino edito da minimum fax è tra la nuova cinquina di libri segnalati per lo Strega, il premio letterario più prestigioso d'Italia.
Gli Amici della Domenica che compongono la storica giuria del Premio così scrivono nelle motivazioni dei libri da loro proposti per l'edizione 2020. Partendo proprio dall’affascinante romanzo dell’autore abruzzese Maria Ida Gaeta parla di «un libro non collocabile facilmente né per generazione né per lingua in un contesto già noto della narrativa italiana. È un romanzo che ha una voce. Le vicende narrate e lo stile della scrittura sono il personaggio stesso, coincidono. Il matto Liborio con la sua vita sconquassata, con il suo parlato /scritto, con i suoi amici e i suoi nemici, con la solitudine che lo avvolge, si fa ascoltare e ci conquista».
Di “Febbre” di Johnatan Bazzi, Teresa Ciabatti dice: «È un romanzo che testimonia un presente che è già futuro prossimo. Questa è una storia del tempo nuovo: perché il fuoco è sorprendentemente altrove rispetto a dove è stato messo fin qui da letteratura e senso comune. Esula dai giudizi e sposta il baricentro sull'accettazione delle fragilità».
Di “Breve storia del mio silenzio” di Giuseppe Lupo, Salvatore Silvano Nigro scrive: «”Ho quattro anni”. Comincia così il romanzo. Con grande finezza letteraria, in una prosa nitida e fluente, Lupo scrive un’autobiografa delicatamente fabulosa inquietata da un “silenzio” che è trauma infantile di afasia, e poi, nel tempo, insidia persistente di un “male delle parole” e di una “inimicizia con il linguaggio”. Il libro è anche un romanzo di formazione: un’educazione alla scrittura letteraria al di là del “silenzio”; verso la scoperta della letteratura in quanto risorsa di “oblio”.».
Di “Teoria della comprensione profonda delle cose” di Alfredo Palomba, Antonella Cilento parla come di un «romanzo, multiplo e sperimentale, che ritrae un gruppo di protagonisti irregolari, dall'autore di un blog anonimo a un tossicodipendente che crede d'essere cavaliere errante, sullo sfondo di una immaginaria città, Paesone. Voce di enciclopedia, poesia, tema in classe, imitazione donchisciottesca e rinascimentale, note a margine sulla trap: tutto confluisce nella magmatica narrazione di Palomba che aspira a un formato di romanzo aperto e ricco di codici, che ritrae l'estrema solitudine di una Mancha italiota due punto zero». Di “Mio fratello Carlo” di Enrico Vanzina, Masolino D'Amico scrive nella sua motivazione: «Vanzina ripercorre le tappe della morte, dolorosa perché prematura, di un fratello al quale era stato molto legato sia affettivamente sia per una lunghissima collaborazione artistica – e così facendo, rievoca e analizza la sostanza del rapporto. Il libro è esemplare per il felice, raro connubio tra passione e sincerità di un dolore autenticamente provato, e la capacità di analizzarlo non dirò freddamente, ma obbiettivamente».