D’Alberto a Hollywood: Dustin Hoffman agiva sulla mie note. Brividi 

Il compositore teramano racconta come è nata la musica del nuovo flm di Greenaway e Saskia Boddeke “Lucca Mortis”

TERAMO. «Sono orgoglioso e felice di questo nuovo progetto con Peter Greenaway e Saskia Boddeke, in un film con produzione hollywoodiana e un cast pazzesco, Dustin Hoffman, Helen Hunt, Sofia Boutella, Laura Morante. Dustin Hoffman è patrimonio culturale mondiale, vederlo agire sulla mia musica è stato emozionante». Luca D’Alberto, compositore, produttore, arrangiatore e polistrumentista teramano di valore internazionale, racconta l’esperienza autoriale nel nuovo film di Greenaway “Towers Stories. Lucca Mortis” (titolo provvisorio), che l’82enne regista, sceneggiatore e pittore gallese ha appena finito di girare a Lucca insieme alla moglie, l’artista multimediale e regista olandese Boddeke, con la quale forma una delle coppie più simbiotiche e creative del cinema e dell’arte. Nella città che diede i natali a Giacomo Puccini le riprese si sono svolte tra le piazze San Michele e San Frediano, Torre Guinigi, le mura, palazzo Pfanner. Protagonista un anziano scrittore newyorchese in anno sabbatico a Lucca per conoscere i luoghi d’origine della sua famiglia ed esplorare il senso della vita e della morte. È il 2001, anno dell’attentato alle Torri Gemelle. D’Alberto ha scritto le musiche del film, che uscirà nel 2025, prodotto dalla statunitense Facing East (The Revenant, Cloud Atlas, Assassin’s Creed). Per il compositore abruzzese, autore prediletto di Greenaway e Boddeke, coi quali ha lavorato finora a una decina di spettacoli e installazioni tra Parigi, Berlino, Amsterdam, si apre il passaggio dalla dimensione europea a quella hollywoodiana.
Maestro, che effetto fa?
È come essere arrivato ai Mondiali con questo film, finora ho lavorato in Europa, anche per ragioni discografiche. Essere un compositore italiano in un film di un maestro del genere e con una produzione americana è meraviglioso. Sono orgoglioso di arrivare a Hollywood senza il traino di un regista italiano.
Che tipo di musiche le hanno chiesto Greenaway e Boddeke per “Lucca Mortis”?
La richiesta da parte di Peter e Saskia è stata molto articolata e ampia, dal coro di bambini a rifacimenti di brani di Puccini, ma nella mia cifra stilistica, dal quartetto d’archi al violino solo, da musiche simil barocche alla forma canzone. La difficoltà è stata dare un continuum, far sembrare i diversi brani parte di un flusso unitario. Una difficoltà compositiva ma pure tecnica a livello di registrazione. Come sempre sto registrando per intero la colonna musicale suonando tutti gli strumenti.
Quanta libertà ha avuto? E come si è svolto il lavoro?
Ormai con loro si è creata un’affinità elettiva nel modo di sentire la vita e l’arte, c’è un’immensa fiducia reciproca, si parla davvero pochissimo su cosa fare. Cominciano a essere tanti i progetti fatti insieme, ma questa sintonia si è creata fin dal primo lavoro insieme per il Museo Ebraico di Berlino (nel 2014 l’installazione “Obedience”, ndc). Ci incastriamo perfettamente, per un’affinità culturale, estetica, spirituale. Pur essendo un film molto importante anche per Peter e Saskia, loro si fidano tanto di te, ti danno carta bianca. Il lavoro del compositore inizia solitamente in post produzione, quando ormai c’è il girato, qui è avvenuto il contrario, la musica è stato il primo passo. C’erano 12 scene che mi hanno descritto a voce, leggendo la sceneggiatura. La musica avrebbe condizionato col suo minutaggio il girato, determinando la durata della scena. Naturalmente ci sarà un gran lavoro in post produzione, ma in queste 12 scene la musica è stata il primo input. Il film ha un aspetto onirico e comporre è stato un po’ uno sparo nel buio, un mistero. Poi sul set le cose sono andate benissimo, impressionante come tutte le scene venivano eseguite.
Concretamente come funzionava sul set?
Per esempio, in una scena basata su un brano per violino solo, si metteva play alla musica e poi su di essa si costruiva tutto l’aspetto performativo affidato a Dustin Hoffmann e agli altri interpreti. Tutta la parte onirica del film, che è molto rilevante, è spogliata delle parole e si affida all’azione. C’è un piano narrativo tipico, importante, affidato alle parola, invece il piano onirico lascia spazio alle altre arti, la musica, la performance fisica, la fotografia, la scenografia. Sono stato sul set, la fase in cui dalla fiducia si passa ai fatti. Tutto deve andare liscio e funzionare, perché quello che hai immaginato nella tua testa in quel momento lo vedi, coi tempi del cinema, gli attori, la scenografia. È stato incredibile vedere come con la musica tutto si incastrasse e abbracciasse. Vedere agire Dustin Hoffman sulla musica e capire che la cosa stava funzionando è stato meraviglioso.
Ha contato in questo lavoro la sua esperienza col Tanztheater Pina Bausch?
Mi ha aiutato molto. In una scena una bambina canta una canzone scritta da me, ma dovevo creare anche la mimica, la gestualità che avrebbe eseguito la bimba. Si andava quasi nel teatro danza e quell’esperienza si è rivelata fondamentale.
Ha in programma altri lavori con Greenaway e Boddeke?
In estate avrò due installazioni con loro a Riga e Berlino, un rifacimento del film di Peter del 1989 “Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante” con le mie musiche.