sesto appuntamento del concorso a pescara 

Docudì, oggi in programma il corto dedicato al genio di Enrico Cattaneo

PESCARA. Il ritratto del grande fotografo milanese Enrico Cattaneo per il sesto appuntamento con Docudì, concorso per documentari organizzato a Pescara per il decimo anno da Acma, Associazione...

PESCARA. Il ritratto del grande fotografo milanese Enrico Cattaneo per il sesto appuntamento con Docudì, concorso per documentari organizzato a Pescara per il decimo anno da Acma, Associazione cinematografica multimediale abruzzese. L’appuntamento odierno con la bella rassegna dedicata al cinema del reale propone alle 18.45 nell’auditorium Cerulli di via Verrotti la proiezione del corto Enrico Cattaneo / Rumore bianco (Italia, 2021, 32’) di Francesco Clerici e Ruggero Gabbai, presenti all’incontro coordinato dal fotografo Bruno Imbastaro, dell’associazione Alphaville non solo cinema.
Enrico Cattaneo (1933-2019) è stato fotografo eclettico e sperimentatore, uno sguardo originale e acuto difficilmente classificabile in un solo filone. Amante degli oggetti, delle opere d’arte e degli artisti, di cui è stato celebre e richiesto ritrattista, l’autore lombardo è nato però coi reportage e ha saputo raccontare come pochi la periferia di Milano. «Le pareti di casa sua sono tappezzate di opere, la sua vita è scandita dal fumo», si legge nelle note di presentazione del documentario, definito «una picaresca ballata jazz sulle note del lavoro di Cattaneo e della sua dimensione pubblica e privata, suonate nel silenzio dell’umanità ironica e sospesa del suo sguardo arrivato alla fine del percorso».
Spiega Francesco Clerici nelle note di regia: «Enrico è più forte del film, di qualsiasi film su di lui. La sua vena sperimentatrice e ironica è troppo oltre l’obiettivo e i possibili tentativi di rendergli omaggio. Prima che ci presentassero credo che lui non volesse che si facesse un documentario su di lui. Poi senza nemmeno volerlo, ha cambiato idea pian piano, senza mai dirlo apertamente. Fatto sta che attorno a lui siamo diventati sempre di più e la sua figura ha affascinato anche Ruggero Gabbai, che con più persistenza di me è riuscito a riprenderlo nella sua dimensione pubblica e a fargli un’intervista in cui – come sempre in situazioni “serie” - attua un autosabotaggio: Enrico non si prende mai davvero sul serio. Nelle pause e nelle “lamentele” di quella chiacchierata c’era tutto il suo lato privato, nelle foto e nei ricordi c’è una piccola parte del suo talento professionale, artigianale. Enrico era un chimico, un matematico, un alchimista. Un tecnico che giocava con le immagini così come giocava con le persone. Che amava gli spazi periferici come le opere d’arte. Le sue condizioni nei tre anni in cui l’abbiamo visitato, sono peggiorate sempre più e una settimana dopo il nostro ultimo incontro è mancato. Il materiale girato era stato fatto senza pensare già a una sceneggiatura strutturata. E più ci pensavamo più facevo fatica a vedere quella sceneggiatura come “dispositivo” in cui incanalare Enrico. Nel momento in cui abbiamo visionato il girato senza poter più girare però c’era già tutto. Enrico era così: un pezzo di Charlie Parker (che lui amava molto) che scorreva spontaneo ma denso».
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