L’Ultimo Chisciotte, vagabondo dell’utopia 

L’opera allestita dal Teatro del Carretto, liberamente tratto da Cervantes, è l’ultimo di Abruzzo Molise Circuito spettacolo

TERAMO. «Sognare il sogno impossibile / Raggiungere la stella irraggiungibile / Amare in modo casto ed anche da lontano / Combattere per ciò che è giusto / Tentare quando le braccia sono troppo stanche / Essere disposti a marciare all’inferno / Per una causa divina / … Seguire quella stella / Non importa quanto sia priva di speranza / Non importa quanto sia distante…». Annunciato da questi versi, va in scena oggi a Teramo lo spettacolo Ultimo Chisciotte del Teatro del Carretto, liberamente tratto da Miguel De Cervantes, nell’adattamento, drammaturgia e regia di Maria Grazia Cipriani. Appuntamento al Teatro Comunale alle 21. Interpreti Ian Gualdani, Stefano Scherini, Giacomo Vezzani; musiche Giacomo Vezzani, luci Fabio Giommarelli.
Il lavoro del Carretto è il quinto e ultimo spettacolo della stagione di prosa allestita a Teramo da Acs Abruzzo Molise Circuito Spettacolo, con la direzione artistica di Zenone Benedetto. L’immaginifica compagnia toscana, che dal 1983, dall’incontro geniale tra Cipriani e lo scenografo Graziano Gregori, ha segnato con le sue creazioni visionarie la storia del teatro europeo di ricerca, è da più giorni nel teatro teramano proprio per riallestire questo importante spettacolo del 2018, andato in scena la prima volta nel novembre di quattro anni fa al Teatro del Giglio di Lucca.
«Il nostro “Ultimo Chisciotte”, scalcagnato vagabondo dell’impotenza, continua a inseguire l’utopia, facendola giocare con la realtà» scrive Cipriani nelle note di regia «Si apre il sipario sul fascino e la dannazione di quell’uomo che, come nel testo di Cervantes, si fa attore e personaggio per misurarsi con il “polverio” del palcoscenico come col polverio delle cose e del mondo, perduto tra la realtà rappresentata e quella autentica. E Sancio? Personaggio quasi improvvisato rispetto a quello di Chisciotte, già psicologicamente costruito, è un giovanissimo “servo di scena”, leggero come un folletto che tra una capriola, un guizzo e uno sberleffo, cerca di capovolgere i valori del padrone dimostrandogli che ogni linea dritta nasconde un rovescio storto. Ma il suo sarà un percorso che lo vedrà lentamente abbracciare il valore chisciottesco, come un discepolo che ha imparato e amato una lezione di vita dal proprio maestro fino a farla sua. E farsi lui stesso ultimo Chisciotte, in un inno alla rinascita dell’utopia. Il palcoscenico, nudo di supporti scenografici, munito esclusivamente degli elementi propri… graticcia, corde, scale, cantinelle, casse, costumi… specchio di quell’ambiguità dove tutto è finzione e insieme verità, è esso stesso scenografia».
Pluridecorato coi premi Ubu, Aldo Trionfo, Hystrio, Eti – Gli Olimpici del Teatro e altri riconoscimenti, il Teatro del Carretto ha saputo sposare in lavori raffinati e poetici l’invenzione figurativa, la dimensione onirica e poetica, maschere e marionette, automi, attori performer in carne e ossa. Anche qui gli aspetti narrativi e semantici sono evocati da trovate metaforiche, dal gioco di luci, da segni visivi e sonori, dall’uso della stessa attrezzeria del teatro, da costumi semoventi, «mentre l’impareggiabile Dulcinea, unica signora dei più segreti pensieri, primo oggetto del desiderio, è la donna che non esiste, puro e doloroso miraggio».