La Cava: «Danzo a New York con la forza che mi dà questa terra» 

La coreografa sarda che ha scelto L’Aquila per la sua vita e la sua arte: «Questa città è la mia casa Il Gruppo E-motion è nato per caso a Tagliacozzo e ora è l’unico ente di produzione nella regione»

È in partenza per New York, quando la raggiungo telefonicamente. Otto ore di volo per portare la sua arte e quella del gruppo E-motion, di cui è direttrice, nella Grande Mela, dove si esibirà stasera. «Un traguardo importante» lo definisce con tono soddisfatto e voce squillante, Francesca La Cava, che a quell’arte, la danza, ha dedicato la vita. Nonostante le difficoltà, nonostante la recessione economica, nonostante il periodo sfavorevole. «Non potrei immaginare una vita senza danza» sorride. Proprio questa dedizione smisurata forse le ha permesso di raggiungere le vette più alte. Quello di oggi è solo uno dei traguardi tagliati da quando, sempre con la valigia in mano, ha deciso di trasferirsi da Cagliari, dove è nata, all’Aquila. «Lavoro in Abruzzo dal 2004, stabilmente dal 2011», dice. «L’Aquila è la mia seconda casa. Qui sono cresciuta professionalmente». Il suo amore per il «linguaggio del corpo», come chiama la danza, è sbocciato in adolescenza per poi crescere di anno in anno. Oggi con quel linguaggio intende abbattere i muri, primo tra tutti il muro dell’ignoranza.
Come è nata la sua passione per la danza?
Quando ho iniziato a studiare la danza contemporanea. Avevo 14 anni. Da bambina non sono stata conquistata dal balletto classico, lo studiavo ma mi mancava qualcosa. Sono stata da subito trasportata verso una danza, un “movimento” più vero, non formale, da un’energia che i piedi scalzi prendevano dalla terra, dalla tridimensionalità, dal teatro del ‘900.
Quale artista ha influenzato più degli altri la sua carriera?
Preferisco usare la parola ispirare piuttosto che influenzare. No, non c’è un artista in particolare. Sono tanti quelli che mi hanno ispirato e continuano a farlo. Tra questi anche i danzatori che lavorano nelle mie creazioni. Loro sono la mia vera energia. Ho avuto la fortuna di avere numerosi maestri. Tutti mi hanno lasciato qualcosa. Ma soprattutto ho conosciuto artisti che mi hanno “preso per mano” e condotto verso una personale ricerca sul corpo. Credo molto nell’improvvisazione. Momento fondamentale per la ricerca. Poi c’è il “mondo” intorno a noi che influenza costantemente ciò che creo.
Quando e come nasce Gruppo E-motion?
È nato per caso. Nel 2004 sono stata invitata dal maestro Lorenzo Tozzi, direttore del Festival di Tagliacozzo, per una residenza artistica da fare nel luglio del 2005 al teatro Talia. Lo stesso anno ho deciso di creare un’associazione, ho riunito alcuni amici danzatori con i quali lavoravo. Così a Tagliacozzo nel 2005 è iniziata questa avventura. Ho partecipato a bandi e presentato progetti di finanziamento alle attività culturali promossi dagli enti locali e nel 2008 è arrivato il contributo del Ministero e Beni Culturali. Nel 2013, dopo una lunga battaglia condotta personalmente, la danza è entrata nelle leggi di settore che finanziavano la cultura nella Regione Abruzzo. Il Gruppo E- motion è dal 2008 l’unico ente di produzione della danza presente in Abruzzo finanziato dal Ministero.
Che significa per lei questo appuntamento con New York?
Un punto di partenza per nuove avventure. Sono molto felice perché è un premio e un riconoscimento al lavoro svolto in questi anni dal Gruppo E-motion. In dieci anni la compagnia ha effettuato numerose tournée in Bosnia, Brasile, Belgio, Germania, Francia, Haiti, Macedonia, Messico, Polonia, Serbia, Spagna, Svizzera, Ungheria, America. A New York festeggiamo il nostro decennale. Siamo stati invitati dall’Istituto italiano di Cultura. Danzerò un mio solo, tratto dallo spettacolo “Apriti ai nostri baci”.
Cosa significa oggi dedicare la propria vita professionale all’arte?
La danza ha sempre fatto parte della mia vita. Non riesco a immaginare la mia vita senza la danza. Senza l’arte. È una necessità. Ma scegliere di fare l’artista oggi è una decisione difficile. Ancora peggio se l’arte in questione è la danza. Per me dedicare oggi la mia vita professionale all’arte significa formare le generazioni future, stimolare in loro la creatività, condividere.
Hai definito lo spettacolo “Apriti ai nostri baci” come “una ricerca del gesto sul tema del muro”. Ci spieghi meglio qual è il suo senso più profondo.
“Apriti ai nostri baci”, Studio sul concetto di muro, è stato coprodotto dal Cid e dal Festival Oriente Occidente di Rovereto. La creazione nasce da un’idea drammaturgica di Guido Barbieri con la musica originale di Fabio Cifariello Ciardi. Questo lavoro rappresenta la nostra necessità in questo momento storico di parlare di muri, reali, concreti, tra i molti che sono nati e che continuano a nascere. Parliamo del “Muro” come simbolo del ‘900, come barriera che divide e protegge. Il protagonista della nostra storia viene rappresentato dai corpi: dalla pelle. É attraverso il sentire la pelle che i corpi rappresentano i muri fisici alzati dall’uomo.
Parliamo anche di muri metaforici. La pelle è il nostro primo muro, la barriera che ci separa e ci unisce al mondo esterno, l’apertura percettiva al mondo. Lo spettacolo nasce da un confronto con tutti i creatori e gli interpreti. È importante ascoltarsi. Il feeling in sala prove è fondamentale: non deve mai mancare. Il nostro lavoro in sala è fatto di domande, di risposte, di quotidiano, di empatia appunto di pelle. Quella pelle che decide se dare o non dare fiducia. Quella pelle che decide i muri.
Quanti muri esistono oggi nei confronti del mondo dello spettacolo?
L’unico muro è quello dell’ignoranza. Vorrei un mondo dello spettacolo che dialoghi, un settore compatto che lotti per obiettivi ed esigenze comuni. Ma non è sempre così. I muri sono anche quelli che mette il mondo dello spettacolo, quelli che si trovano all’interno del settore. Vorrei più apertura all’arte, più fiducia, più rischio.
Cosa bolle in pentola per il futuro?
Tante novità Il Gruppo E-motion è diventato la casa di diversi coreografi abruzzesi, come Anouscka Brodacz (in questi giorni ad Haiti), Manolo Perazzi (che ora è in Belgio), Gisela Fantacuzzi e altri. Continueremo a collaborare con gli enti culturali, le Università e gli artisti abruzzesi proiettandoci sempre più verso circuiti internazionali.
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