CHIETI

Palmaroli: la voce di Osho a teatro con la sua satira 4.0

L’autore esploso sui social sabato 25 al Marrucino con “Le più belle frasi”: «Lo spettacolo mi dà la possibilità di “recitare” le mie vignette e dargli tono»

CHIETI. «Passo in rassegna gli eventi degli ultimi anni, partendo dai più recenti, dal punto di vista della mia satira. Lo spettacolo mi dà anche la possibilità di “recitare” le vignette, dando quel tono che non arriva a chi legge». L’irresistibile satira di Federico Palmaroli sbarca in Abruzzo. Il giornalista romano, ideatore e curatore della pagina social “Le più belle frasi di Osho”, porterà al teatro Marrucino di Chieti, il 25 maggio alle 21, il suo omonimo spettacolo, fatto di ironia e genialità. L’occasione è il ConfArte Festival, che dal 24 al 26 maggio celebrerà i 70 anni di Confartigianato Chieti-L’Aquila.
Palmaroli porterà la sua carrellata di personaggi sul palcoscenico, in una «catartica satira 4.0, a velocità 5G», accompagnato dai Furano Saxophone Quartet. «Non sono partito facendo satira politica. Negli spettacoli ci tengo a raccontare le origini della pagina, legate alla parodia del santone indiano, cosa che ho smesso di fare dopo tre anni» racconta al Centro. «L’ho creata nel 2015. Avevo una grande attenzione per gli stereotipi, i luoghi comuni, per tutti quegli aspetti verbali che fanno parte del nostro quotidiano. Sottolineare tutto questo attraverso l’immagine di un santone spirituale indiano mi sembrava divertente e, infatti, lo è stato».
La sua è una delle pagine social più celebri e seguite. Definisce le sue vignette satiriche dei “fotoromanzi”. Quali sono i punti di forza?
Una combinazione di più punti di forza, partendo dall’immagine reale. Il romanesco mi aiuta a fare una sintesi, perché ha delle battute fulminanti. Uso anche espressioni mutuate dal gergo popolare, quello che si usa nell’ambito di una conversazione tra amici. Cerco di riprodurre una presa in giro tra amici senza essere troppo aggressivo… nessuno si è mai disturbato per le mie vignette, il che non so se sia un bene o un male. Gli spunti mi vengono da un innato senso di comicità che un po’ appartiene a me e un po’ alla romanità. Tutto quello che è attualità è un serbatoio a cui attingere.
Com’è arrivato alla satira politica?
Un po’ per una concatenazione di eventi, un po’ perché a un certo punto ho dovuto interrompere la trattazione del santone indiano perché ho disturbato qualcuno. È stata sicuramente una forzatura in quel momento, però poi si è rivelata una costrizione vincente e da lì ho iniziato a fare quello per cui sono diventato famoso. Sono cominciate le collaborazioni con i quotidiani e i programmi tv. Subito dopo questo switch, è arrivata la collaborazione con Il Tempo, che è stata una palestra: dovendo seguire ogni giorno un fatto in particolare e farci una vignetta, si prende un po’ la mira e ci si calibra.
Libertà di satira in Italia. Quanta ce n’è?
Sicuramente c’è libertà di satira. C’è più indignazione rispetto al passato, anche perché ormai le vignette non viaggiano solo sui quotidiani, sono di dominio pubblico, arrivano facilmente attraverso i social, vengono viste da più persone ed è più probabile che qualcuno si offenda. Poi ci sono le aberrazioni del politicamente corretto, anche per me che sono molto tranquillo e, tra virgolette, educato nella satira; ci sono argomenti che, anche se toccati sfiorandoli, in modo delicato, suscitano indignazione. Ci sono gli algoritmi che travisano a volte battute, anche se l’intento non era offensivo. Purtroppo ci dobbiamo fare i conti.
Cosa pensa del mondo social?
Quando ho cominciato era un modo per emergere se non avevi altri strumenti…io ne sono la testimonianza. Ho visto nascere tante cose intelligenti in quegli anni, esperienze di successo. Adesso vedo che chiunque prende in mano un telefono e si fa un video – che magari non è neanche divertente –, solo per il semplice fatto postarlo, genera un sacco di condivisioni. L’utilizzo dei social è ormai ridotto a uno sfogatoio di frustrazioni personali o all’emersione di fenomeni che vi trovano il loro habitat naturale. Ho visto un declino da quando ho iniziato, anche io ho molta difficoltà, non posso ma me ne staccherei volentieri; poi ti rendi conto che quando lo dici è come dire “Vorrei stare un giorno senza telefono!”, ormai fanno parte della nostra vita e non se ne può fare a meno.