Sebastiano Somma: «La mia lettura che cavalca il cuore di Hemingway» 

L’attore napoletano sarà in scena sabato alle 21 a San Salvo, protagonista di “Il vecchio e il mare” Sul palco del teatro Aldo Moro anche la figlia Cartisia e il violinista abruzzese Riccardo Bonaccini

PESCARA. È tratta da uno dei romanzi più celebri del Novecento la lettura scenica che vedrà protagonista a San Salvo Sebastiano Somma. Il vecchio e il mare, classico senza tempo che valse a Ernest Hemingway il Premio Pulitzer e il Premio Nobel per la letteratura, con la regia dello stesso Somma, aprirà, sabato alle ore 21, al Teatro Aldo Moro di San Salvo, la rassegna Serata d’onore, organizzata dalla Factory di Gabriele Cirilli con il patrocinio del Comune. Ad accompagnare Sebastiano Somma sul palco sua figlia Cartisia, nel ruolo di Manolin e il violinista Riccardo Bonaccini. La cultura si unisce alla solidarietà. Alle 18, con Cirilli, l’attore campano sarà ospite di un’iniziativa benefica organizzata da Adricesta Onlus, in collaborazione con il Lions Club San Salvo, al Gabrì Park Hotel. L’obiettivo è raccogliere fondi a sostegno dei bambini ricoverati nel Centro regionale di Diabetologia pediatrica di Chieti.
Somma, attore di teatro, cinema e televisione tra i più amati dal pubblico, si è raccontato al Centro.
In scena con uno dei testi più iconici di Hemingway. Come si è approcciato all’opera e al personaggio di Santiago?
«In modo molto diretto, molto empatico. Ho trovato tanti sottotesti in questo fantastico romanzo, mi sono lasciato andare cavalcando il cuore di Hemingway. Mi ci sono approcciato con tanta passione e verità, con la voglia di emozionare, di portare in mare con me lo spettatore in questo viaggio carico di suggestioni. La lettura scenica si avvale dello straordinario violino dell’abruzzese Riccardo Bonaccini: mi piace poter toccare le corde emozionali anche con la musica, la utilizzo molto nei miei spettacoli. Ho rispolverato Il vecchio e il mare durante la pandemia, è talmente struggente, talmente bello. La motivazione che mi ha spinto a metterlo in scena è stata poterlo raccontare a chi non l’ha letto e far rivivere le sue pagine per chi lo ha letto. Tanti spettatori ricordano anche il film con Spencer Tracy. Molti giovani conoscono e amano Il vecchio e il mare. Il nostro impegno è anche questo: far conoscere e portare avanti la grande letteratura».
Grande merito del teatro…
«Mi piace l’idea di sollecitare l’attenzione dei più giovani, perché queste sono cose che restano. Qualche anno fa portai in scena Uno sguardo dal ponte di Arthur Miller; il complimento più bello me lo fece un dodicenne: mi disse che era stato bellissimo, come vedere un film. In quel momento ho capito che era entrato in empatia. Ogni volta che riusciamo a conquistare un giovane, per me è una vittoria».
Santiago, il protagonista, compie un percorso di rinascita. Qual è, secondo lei, la forza di questo capolavoro intramontabile?
«Vari aspetti mi hanno colpito di questo romanzo: la vecchiaia, la voglia di esserci ancora, di valere, di dare. Santiago è un uomo che si ritrova da solo perché Manolin, il ragazzino con cui aveva un rapporto meraviglioso, è costretto ad andare su altre barche. Oggi c’è attenzione da parte dei giovani nei confronti degli anziani, c’è un recupero di queste cose, credo molto nei giovani in questo senso. C’è solitudine ne Il vecchio e il mare, ma anche voglia di rinascita, di riscatto. E, poi, la battaglia con questo grande marlin, il lunghissimo viaggio in mare, la voglia di recuperare orgoglio e dignità, la forza della natura. Questo testo è pieno di contaminazioni meravigliose, l’ho amato profondamente da ragazzino, l’ho riamato quando l’ho letto e ho deciso di farne una lettura. Il pubblico si emoziona, è molto coinvolto».
Ha recitato con Liliana de Curtis, la figlia del grandissimo Totò. Che ricordi ha di quel periodo?
«Erano i primi anni della mia carriera. Con Liliana, con cui era nata una grande empatia, proponevamo spesso piccole performance che raccontavano la figura del papà. Ho lavorato molto con compagnie napoletane, Giuffré, Rosalia Maggio, sorella di Pupella. Ma, pur essendo io campano (è nato a Castellammare di Stabia ndr), ho avuto poca occasione per divertirmi nel mio dialetto, recitavo spesso in italiano. Con Liliana, invece, facevamo cose anche in napoletano, una su tutte la mitica ’A livella di Totò, diventata il mio cavallo di battaglia. Ci esibivamo non solo nei piccoli teatri, ma a volte anche nei bar, nei locali. Liliana mi regalò un oggetto molto bello appartenuto al suo grande papà: mi disse di tenerlo con me e di portarlo nei momenti più importanti. È un portaritratti, che assomiglia a una caramella, quella che si mette sull’occhio. In quel periodo ho lavorato anche con un’altra attrice straordinaria: Marina Ruffo.»
Tornerà a esibirsi in Abruzzo?
«Frequento molto poco l’Abruzzo teatralmente, mi auguro che questo possa essere l’inizio di un percorso in questa bellissima terra che ho conosciuto anni fa. Venivo spesso a trovare, in estate, un carissimo amico, Luigi Alfieri, con cui facevo fotoromanzi».
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