The Painted Bird, tutto l’orrore del male  

Abusi e scene choc nel film di Václav Marhoul con Harvey Keitel presentato ieri in concorso e già in lizza per il Leone d’oro

VENEZIA. Non si può dire che manchi di immagini forti The Painted Bird (L’uccello dipinto) di Václav Marhoul, in corsa per il Leone d'oro alla Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia, con il racconto dell'Odissea, anzi del vero e proprio inferno, vissuto da un giovane ebreo (Petr Kotlár) spedito dai genitori in Europa orientale per evitare le persecuzioni naziste. Morta la donna a cui è stato affidato, il ragazzino si ritroverà a dover contare solo su stesso, ma non sarà affatto facile. E se nella proiezione per la stampa, proprio per la crudezza di certe scene, c'è stata qualche defezione, il film del regista e attore ceco è stato accolto convinti applausi.
Nel suo lungo viaggio nell'Est alla fine della Seconda guerra mondiale il giovane, con la sua pelle scura e con gli occhi neri, sarà il diverso di turno da perseguitare. Per il ragazzo, così, minacciosi corvi che beccano sulla sua testa dopo che è stato seppellito da una maga (la scena più forte); ripetuti abusi da parte di un distillatore clandestino; un bagno in una fogna a cielo aperto; la violenza subita da una pastora di capre, che non manca, per ingelosirlo, di avere un rapporto con un caprone, e della quale fatalmente si innamora; sprofondare in un lago ghiacciato e incontrare, poi, la violenza di nazisti e stalinisti.
Circa tre ore di film in bianco e nero con la fotografia magica di Vladimir Smutny (per un film, tratto dal famoso romanzo omonimo di Jerzy Kosinski (autore anche di Oltre il giardino), con il racconto del male nelle sue forme più crudeli.
Nel cast anche camei di Udo Kier, Lech Dyblik, Jitka Cvancarova, Stellan Skarsgård, Harvey Keitel, Julian Sands, Barry Pepper e Aleksey Kravchenko.
«Sono undici anni che lavoro a questo libro che mi ha subito molto toccato e così ho deciso di farne un film perché credo sia una storia universale. Ci sono tanti bambini abbandonati nel mondo che agiscono proprio come accade nel film», spiega il regista al Lido.
La violenza? «È solo la cornice del dipinto dove al centro c'è la vita del protagonista. Il film poi ha un buon finale perché passa il principio che la luce è visibile solo al buio».
L'uso del bianco e nero, spiega Václav Marhoul - che inizia come attore per poi debuttare alla regia nel 2003 con Mazanì Filip: «Il colore toglie qualcosa al miracolo del bianco e nero e poi ho girato in 35 mm che fa la differenza. . Ho scelto il bianco e nero perché volevo che la storia fosse realistica e il pubblico potesse pensare che quanto accadeva nel film, potesse accadere anche nella realtà». I dialoghi sono sparuti e recitati in un esperanto slavo che mischia russo, polacco, ceco e tedesco.
«Se si può raccontare la storia delle emozioni senza parole», ha aggiunto Marhoul, «per me questo è il cinema».
Julian Sands ha aggiunto: «Per me è un film senza tempo, poteva anche essere ambientato nel Medio Evo o nel futuro, oppure essere Shakespeare: ci sono verità ed emozioni universali».
Scena cult di un film, quasi senza parole e con un protagonista privo di sorriso, quella che dà appunto il titolo: «Un uccellatore dipinge le ali di un uccello e poi lo lancia in uno stormo di suoi simili. È vero caos tra gli uccelli. Una volta avvertito l'estraneo sono tutti intorno a lui per abbatterlo, ma è solo un loro simile».
©RIPRODUZIONE RISERVATA.