Torna “Il nome della rosa”  con i disegni di Umberto Eco 

Quarant’anni dopo la sua prima uscita La nave di Teseo ripubblica il romanzo con i bozzetti dei personaggi realizzati dall’autore a metà degli anni Settanta 

A 40 anni dalla prima edizione, nel 1980, “Il nome della rosa” di Umberto Eco viene pubblicato da La nave di Teseo (648 pagine, 18 euro) in una preziosa edizione, per la prima volta con i disegni e gli appunti preparatori realizzati dallo scrittore mentre lavorava al suo bestseller mondiale.
Premio Strega nel 1981, tradotto in 60 paesi, il romanzo, che nella nuova edizione arriva in libreria il 21 maggio, ha venduto oltre 50 milioni di copie, è diventato un film di Jean-Jacques Annaud con Sean Connery e ha ispirato più o meno fortunate serie tv. Nell'appendice inedita scopriamo oggetti, ambienti, abiti e personaggi, quel «mondo il più possibile ammobiliato sino agli ultimi particolari» che «per raccontare bisogna anzitutto costruirsi»,come diceva Eco e come ricorda Mario Andreose, presidente de La nave di Teseo e autore della nota critica.
Progettata «con Andreose, che ha seguito la complessa trattativa che ha portato “Il nome della rosa” alla Nave di Teseo, con Stefano e Carlotta e Renate Eco», l'edizione con i disegni preparatori «da conto del pensiero e dello studio che sta dietro la costruzione di un grande romanzo», dice Elisabetta Sgarbi che con Eco ha fondato La nave di Teseo di cui è direttore editoriale e generale.
«Il nome della rosa resta un libro letto e amato, con numeri straordinari, se si pensa che ha quarant'anni. È un libro rivoluzionario, che ha cambiato l'idea di romanzo. E anche oggi resta un esempio insuperato di alto e basso, nel senso di una cultura sconfinata che si scioglie in una narrazione avvincente, in un thriller», dice la Sgarbi.
Ambientato in un'abbazia medievale isolata, “Il nome della rosa” vede una comunità di monaci sconvolta da una serie di delitti e un frate francescano indagare i misteri di una biblioteca inaccessibile.
«Prima di scrivere “Il nome della rosa” Umberto Eco aveva buttato giù degli schizzi. Si immaginava i personaggi, come sarebbe stata l'Abbazia, la biblioteca. Lui lo chiamava l'arredo prima della scrittura. È una documentazione visiva del suo modo di lavorare. Questa mazzetta di disegni rimasti nel suo cassetto sono stati fatti presumibilmente tra il 1976-77. Nel 1978 ha cominciato a scrivere “Il nome della rosa” e nel 1980 lo ha pubblicato», spiega Andreose.
«E che cosa ci racconta o, meglio, ci anticipa di questo mondo il materiale visivo qui riprodotto? Innanzi tutto», aggiunge Andreose, «l'identità, la fisionomia dei principali protagonisti, con il tipico tratto veloce, arguto dell'autore, che ne giustificherà l'invenzione “per sapere quali parole mettere loro in bocca”. Poi profili e piante di abbazie, castelli, labirinti, scaturiti dalla mente di un soi disant “medievalista in ibernazione”, che nel frattempo si è occupato anche d'altro» ,sottolinea Andreose nella nota critica.
A quattro anni dalla morte di Eco, avvenuta il 19 febbraio 2016, dopo “Il pendolo di Foucault”, anche “Il nome della rosa” entra così nel catalogo de La nave di Teseo, a cui si aggiungeranno in autunno “Baudolino” e “Il cimitero di Praga”.
«Ci sono una miniera di suoi scritti occasionali, come lui li chiamava, che sono quelli del lavoro di giornalista, saggista, conferenziere», dice Andreose.
«In questi quattro anni ne abbiamo conservato e rilanciato la memoria con la riedizione di libri editi e con le proposte che vengono dalla sua eredità inesauribile. Quando si aprono gli archivi chissà che non ci siano altri spunti. Ha ricevuto 42 lauree honoris causa e ogni volta c'era una lectio di ringraziamento. Escluderei che ci siano inediti di narrativa. Il suo pensiero è di un'attualità estrema. Tra i libri che ristamperemo c'è 'Come costruire il nemicò che parla della pratica di trovare consenso attraverso la costruzione di un nemico», spiega Mario Andreose.
I progetti dedicati a Eco sono «tanti e molto belli», dice Elisabetta Sgarbi. E aggiunge: «Mi sembra naturale che il catalogo di Umberto sia nella casa editrice che lui ha fondato e finanziato, con le persone con cui la aveva fondata e in primis con Mario Andreose».
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