Tra i fratelli di Siffredi c’è Riccardo Pellegrini Ma solo in “Supersex” 

L’attore di Tollo è tra i tanti abruzzesi arruolati nel cast «Il mio ruolo fa capire il rapporto di Rocco con la famiglia»

PESCARA. Il suo nome completo è Riccardo Rocco Rosario Pellegrini. Rocco come il nome di uno zio, mai conosciuto. «Un nome che ho iniziato ad apprezzare quando mi hanno raccontato la storia di mio zio, venuto a mancare prima che nascesse mio padre. Spesso, a questo proposito, ho fatto una battuta: “Ma era scritto all’anagrafe che avrei partecipato a una serie su Rocco?”». Ci regala un prezioso racconto sulla sua famiglia, Riccardo Pellegrini, giovane e talentuoso attore abruzzese, tra i tanti artisti della regione che hanno preso parte alla serie targata Netflix, Supersex. Nel ruolo del protagonista, il pornodivo ortonese Rocco Siffredi, c’è l’attore Alessandro Borghi. Presta, invece, il volto ad Armando, uno dei suoi fratelli, Riccardo. Classe 1994, nato a Chieti e cresciuto a Tollo, ha all’attivo un curriculum fitto di esperienze, che spaziano dal teatro al cinema, passando per il doppiaggio.
«Collaboro con diverse realtà abruzzesi, in particolare la Compagnia dell’Aratro di Franco Mannella (si è diplomato all’accademia Arotron ndr), Indaco Teatro Giovani di Federica Vicino e Shakespeare in sneakers di Veronica Pace».
Com’è arrivato a recitare in Supersex?
«In quel periodo ero alla ricerca di un agente che mi rappresentasse. Ho avuto l’occasione, grazie a Federica Vicino, di esibirmi davanti all’agente cinematografico Eugenio Piovosa, mio attuale agente, che venne ad assistere a un nostro spettacolo. In quello stesso periodo, la produzione di Supersex cercava attori abruzzesi. Mandai il materiale richiesto via e-mail, ma fui scartato per questioni anagrafiche. Federica mi chiese di andare comunque il giorno del casting, che era stato organizzato nello spazio in cui lavora, per fare da spalla. Appena mi hanno visto, i casting director Federica Baglioni e Davide Zurolo mi hanno chiesto se fossi lì per sostenere il provino; ho risposto che ero lì per l’accoglienza e che forse ero stato scartato perché non avevo le caratteristiche richieste. Mi è stata data, allora, una pagina di copione, dal vivo avevo fatto un’altra impressione. Da lì si è concretizzato anche il discorso dell’agenzia».
Ha avuto modo di incontrare Alessandro Borghi, pur non recitando nelle stesse scene?
«L’ho incontrato in una fase preliminare. Di lui ho avuto una bella impressione: è una persona molto alla mano, che mette a proprio agio. Nella serie interpreto Armando, uno dei fratelli di Rocco, all’età di 19 anni. Compaio nel primo episodio, nella parte ambientata a Ortona, quando Rocco è piccolo. Una parte in cui si pone molto l’accento su alcune dinamiche che aveva con i fratelli e con i genitori. Il mio personaggio è molto funzionale a costruire il rapporto che Rocco ha con il fratellastro, la pecora nera della famiglia, che vede come un supereroe e che seguirà in Francia. La sua parte da bambino getta le basi per costruire la psicologia del personaggio».
Che cosa le ha lasciato questa esperienza?
«Sicuramente una maggiore sicurezza: è stato il set più grande in cui ho lavorato, con una troupe piena di persone creative. E poi, la soddisfazione di essere diretto da Matteo Rovere, una persona molto dinamica, chiara e trasparente, che ti mette in condizione di fare il tuo lavoro in tranquillità. Nonostante il mio fosse un ruolo comprimario, c’è stata una grande attenzione».
Quando ha scoperto la passione per la recitazione?
Da piccolo mi divertivo a imparare le battute dei film, a rifare a casa le cose che mi piacevano. Ci stavo talmente dentro che mio padre mi propose di frequentare la scuola di teatro per bambini del Marrucino. Prima di allora, non avevo mai pensato che si potesse studiare teatro: i miei coetanei si dedicavano al baseball, al calcio, al tennis. Ho cominciato all’età di 11-12 anni, ho mantenuto questo obiettivo e ho continuato e continuo a studiare per questo. Ultimamente sto approfondendo, tra le altre, la tecnica americana Meisner. Ho spaziato molto, quanto a formazione».
Com’è arrivato, invece, al doppiaggio?
«Anche in questo caso, c’entra mio padre. Quando frequentavo il laboratorio teatrale a Chieti, un giorno gli chiesi: “Come funzionano le voci dei cartoni animati? Come mettono le voci sui cartoni?”. Lui mi disse che c’erano attori che prestavano la voce; questa cosa mi ha incuriosito, mi ha fatto immaginare qualcosa di magico. Su Netflix e su Prime ci sono personaggi che hanno la mia voce. Nel film La stagione dei matrimoni ho doppiato l’attore Julius Cho, che interpreta il migliore amico del protagonista: un personaggio grottesco, molto divertente. Capita che attori e doppiatori crescano insieme, io spero di trovare un mio sodalizio. Julius Cho mi ha detto che spera che scelgano sempre me per la sua voce italiana, sarebbe bello».