Zamora, il romanzo di Perrone  ha ispirato il film di Marcoré  

Torna in libreria per HarperCollins l’opera del giornalista e scrittore scomparso È la storia della imprevedibile amicizia tra un ragioniere e un campione di calcio 

ROMA. “Zamora”, il romanzo di Roberto Perrone, morto nel 2023, è tornato in libreria il 29 marzo per HarperCollins, in occasione dell’uscita del film diretto e interpretato da Neri Marcorè che sarà nelle sale entro aprile prodotto da Pepito con Rai Cinema. Giornalista e scrittore, Perrone ha scritto di diversi argomenti sia come inviato per il Corriere della sera sia nelle sue opere letterarie, fino all’approdo al noir, genere di cui è diventandone uno dei più apprezzati autori italiani. In “Zamora” racconta la storia di un’amicizia imprevedibile tra un ragioniere e un campione di calcio. Walter Vismara, 36 anni, fa il ragioniere in una piccola fabbrica tessile di Milano. La sua è un’esistenza tranquilla: ogni giorno dietro a una scrivania per far quadrare i conti e la domenica un cinema o un teatro con la sorella Elvira. Quando viene licenziato quell’intimo universo di abitudini inizia a scricchiolare. La nuova azienda di guarnizioni presso cui si impiega è dinamica e moderna, ma il capo, il cavalier Tosetto, ha una vera ossessione per il football, o meglio, per il fòlber, come dice lui. Ogni giovedì sottopone i dipendenti a estenuanti allenamenti in vista dell’incontro dell’anno, la partita scapoli-ammogliati allo stadio Breda di Sesto. Vismara odia il calcio, non ne sa niente e finisce sempre per fare il portiere. Così i colleghi iniziano a canzonarlo chiamandolo Zamora come il leggendario giocatore del Real Madrid, che lui, naturalmente, non ha mai sentito nominare. L’unico che può aiutarlo è Giorgio Cavazzoni, ex portiere del Milan che ha dilapidato i guadagni di una brillante carriera in donne e alcol. Ecco il ritratto del protagonista nel libro: «Nella sua vita fatta di abitudini consolidate, di piccoli gesti ripetuti in continuazione, Walter non si sentiva affatto solo. Viveva bene, con sua sorella Elvira nella grande casa lasciata in eredità dai genitori, pace all’anima loro, mancati da qualche anno. Non era un uomo brutto, anche se non si considerava interessante, non era ignorante, anche se non particolarmente colto. Era un ragioniere milanese di 36 anni, abbastanza giovane da pensare di poter ancora mettere su famiglia, ma non di immaginare una, seppur breve, carriera calcistica».