Bagno riparte dall'antica Forcona

Rovine vecchie e nuove, la ricostruzione guarda anche al passato

BAGNO. Si può pensare alle rovine del passato quando ovunque ci sono "nuove" macerie e paesi nei quali tutto è rimasto fermo al sei aprile del 2009? Si può. Anzi forse si deve. Bagno è uno di quei posti dove a ogni passo c'è un piccolo tesoro. E' un tesoro che ci arriva da lontano. Dove oggi ci sono i map (le casette di legno degli sfollati) iniziava la città romana di Forcona che si estendeva fino all'attuale Civita di Bagno. Per secoli quella città è stata cancellata perfino dalla memoria.

Quando fu inaugurato il villaggio coi map, Tonino De Paolis, presidente della Pro loco di Bagno, disse fra lo stupore dei presenti: «Il terremoto ci ha costretti a tornare nel posto da dove i nostri antenati, alla caduta dell'impero romano, erano andati via». La scossa del sei aprile ha sospeso la vita nel centro storico dell'Aquila e nei borghi vicini. Nel caso di Civita di Bagno ha bloccato anche una serie di attività di scavo che stavano riportando alla luce una parte di Forcona, in una zona che gli esperti della Soprintendenza chiamano Moritola anche se gli abitanti di Civita preferiscono chiamarla Fonte D'Amore, che suona anche meglio. Forcona, in età romana, non era una città qualsiasi. Aveva quasi certamente un teatro e un anfiteatro, templi dedicati agli Dei, e soprattutto aveva le terme. Quello che finora è venuto alla luce è una millesima parte di quello che c'è sotto quel colle che, per chi viene dall'Aquila, risale verso i monti di Bagno. A Civita ieri ho incontrato i componenti della famiglia Nardis. Papà Gabriele è quello che qualche anno fa fece le prime scoperte segnalandole alla Soprintendenza. Il figlio Gabriele Sabatino, con la collaborazione della cugina Isabella, ha realizzato di recente un video in cui racconta L'Aquila dopo il sei aprile. Gabriele mi fa capire subito perché Bagno si chiama così. Intorno a Civita ci sono molte sorgenti. Per arrivarci basta fare poche centinaia di metri. Una di queste sorgenti alimentava le terme romane le cui tracce sono ancora ben visibili sotto palazzo Oliva.

La storia di Palazzo Oliva parte dal 1500 quando fu costruito da un ricco aquilano che scelse quel posto incantato da cui si godeva la vista di tutta la vallata. Alla fine dell'Ottocento dopo una serie di passaggi di proprietà fra varie famiglie nobiliari fu acquistato dal Comune di Bagno che ne fece la sua sede. Nel 1927 con la soppressione del Comune a Bagno rimase la delegazione. Il palazzo subì un lento degrado tanto che una decina di anni fa il Comune dell'Aquila decise di ristrutturarlo. Un lungo periodo di tempo per i lavori, inaugurazione in pompa magna e sede nuova e funzionale per gli uffici della circoscrizione. Tutto inutile. La scossa delle 3,32 ha devastato l'edificio. Ieri sono entrato al piano terra. Il portone era aperto. E' bastato spingere un po'. Tutto è fermo a 14 mesi fa. Una vetrata posta all'ingresso di uno degli uffici è "polverizzata". Osservando bene si ha l'impressione che quel recente "restauro" forse ha fatto più male che bene. Gabriele Nardis mi parla persino di affreschi ricoperti e di opere murarie che hanno tenuto poco conto della storia di quel palazzo. Ma tant'è. Oggi, tutt'intorno c'è erba alta e un senso di totale abbandono. Nulla è stato puntellato. Poco distante c'è un edificio cadente (il sisma gli ha dato il colpo finale) che secondo il mio accompagnatore doveva contenere un "orologio ad acqua". A poca distanza da Villa Oliva c'è il lago di San Raniero. Secondo una ipotesi, che per ora non ha trovato conferme né in documenti e né in ritrovamenti, dove oggi c'è il bacino lacustre in età romana doveva esserci l'anfiteatro. Forse a causa di un terremoto, nel XIV secolo, ci fu uno sprofondamento del terreno e l'acqua non defluì più come aveva fatto per secoli e formò il lago. Salendo verso destra, sempre partendo da villa Oliva, si giunge a Fonte Maggiore. Gabriele ricorda che quella fonte, meta delle sue scorribande da bambino, assomigliava alle 99 Cannelle. Certo con pochi mascheroni ma l'impostazione era la stessa. Negli anni Quaranta del secolo scorso per far defluire l'acqua e utilizzarla per l'irrigazione fu distrutto tutto. Oggi, la vegetazione nasconde ogni cosa. Quel che resta della fonte si vede appena ma l'acqua si sente. Una piccola cascatina finisce in un ruscello che va giù verso la valle. Torniamo verso il paese. Il borgo storico di Civita di Bagno è ancora zona rossa. Come altrove nessuno sa tempi e modalità della ricostruzione. Ma questa non è una novità. Anche i Nardis mi confermano che una ricostruzione pura e semplice potrebbe servire a poco se non si guarda al futuro cercando di individuare le vocazioni del territorio. E' facile volare con la fantasia pensando a quando tutta l'antica Forcona sarà tornata alla luce e intorno a essa nascerà magari un albergo diffuso con le case ricostruite. Ma per adesso c'è poco da stare allegri. Oggi Civita non ha nemmeno una chiesa. Quella di San Raniero andrà rifatta quasi da capo e per ora le celebrazioni si svolgono nello spazio del centro bocciofilo. Quando si rimetterà mano alla parrocchiale si potrebbe pensare anche a valorizzare i resti dell'antica cattedrale di Forcona che fu sede della diocesi fino a quando non fu costruita L'Aquila. A Bagno vado a trovare Tonino De Paolis, il presidente della Pro loco bloccato in casa da un banale quanto doloroso incidente. Ma nonostante tutto è sempre battagliero. Mi parla dei piani di ricostruzione sui quali stanno lavorando alcune università e mi dice che ha chiesto agli esperti non solo di progettare nuove case ma anche mettere a punto un piano di sviluppo che guardi al futuro economico di queste terre. E chissà che quel piano non parta proprio da Forcona. Tornando verso Onna vedo tante persone al lavoro nel proprio orticello. E' un buon segno. Nonostante tutto.

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