Barisciano ricorda l’assedio del 1424 Così fu punita la ribellione del paese 

Oggi un incontro culturale per rievocare le vicende legate a Braccio da Montone poi sconfitto

BARISCIANO. A fine aprile di 600 anni fa Barisciano visse uno dei momenti più bui della sua storia. Il 23 aprile 1424, giorno di Pasqua, le truppe di Braccio da Montone riuscirono a penetrare nel Castello. Ne seguirono ruberie, stragi e violenze e infine lo sconcertante episodio delle donne denudate e mandate sotto le mura aquilane coi loro figlioletti. Braccio poi fu sconfitto nella battaglia di Bazzano il 2 giugno 1424. Oggi alle 17 il Comune di Barisciano e l’associazione culturale “Il Sito”, nella sala del consiglio comunale, ricorderanno quel tragico evento e con l’occasione sarà presentata la ristampa del libro di Luigi Lopez “La Guerra Aquilana di Braccio da Montone”. Partecipano Giulio Pacifico, Sandro Zecca, Sandro Cordeschi. Porteranno i saluti il sindaco Fabrizio D’Alessandro e la presidente del “Sito” Domenica Iusa. Letture di Adriano Sabatini, Annamaria Colicchia e Giovanni Tursini.
LA STORIA
Quello che accadde a fine aprile del 1424 resta una macchia sul condottiero Braccio da Montone. Una macchia che anche i suoi estimatori postumi hanno fatto fatica a cancellare. Dopo aver riconquistato Barisciano (che gli si era ribellato) la rabbia, che nasceva dall’impotenza di non riuscire a entrare all’Aquila, divenne furia crudele. Gli uomini di Barisciano furono mandati nel Teramano (zona sotto il controllo di Braccio) mentre le donne furono prima “date” ai soldati e poi spogliate e inviate nude, con in braccio i figli più piccoli, sotto le mura dell’Aquila. L’assediante voleva mandare un messaggio agli aquilani (sotto assedio da un anno): attenzione, se non vi arrendete questa sarà la sorte delle vostre donne e bambini. Gli assediati capirono che non avevano alternative. Bisognava resistere a ogni costo sperando nell’aiuto promesso dal Papa. Noi oggi sappiamo che dovette passare altro tempo prima della battaglia decisiva, il 2 giugno 1424. Per capire meglio quello che sarebbe successo di lì a 40 giorni bisogna tornare a Napoli dove la situazione si stava delineando a favore di Giovanna II, ma gli uomini di Alfonso d’Aragona avevano ancora in mano la gran parte della città di Napoli. Va ricordato che Giovanna, non avendo eredi, doveva scegliere un successore che individuò prima in Alfonso d’Aragona e poi in Luigi III d’Angiò (gli Angioini consideravano loro il Regno di Napoli). Scelse prima Alfonso (che arrivò a Napoli nel luglio 1421) e poi – quando l’aragonese fece capire che avrebbe ben presto spazzato via la Regina – Giovanna II si rivolse a Luigi d’Angiò. A quel punto ne nacque una sorta di guerra civile con Alfonso che poteva disporre sia dei soldati di Braccio sia di quelli di Giacomo Caldora (i due condottieri in un certo momento storico furono alleati). Con la Regina c’era Giacomo (Muzio) Attendolo Sforza che morì annegato nel fiume Pescara all’inizio di gennaio del 1424 mentre andava a dare una mano agli aquilani. Nel maggio del 1423 Alfonso decise di passare all’azione, fece arrestare l’amante della Regina, Sergianni Caracciolo (che aveva acquistato sempre più influenza a Corte) e si insediò a Castel Nuovo mentre Giovanna dovette rifugiarsi a Castel Capuano difesa dagli uomini che le erano rimasti fedeli. La sua guarnigione fece fronte all’attacco di Alfonso, ma la Regina dovette allontanarsi ancora, andò ad Aversa e decise, anche grazie all’appoggio di Papa Martino V, di affidarsi a Luigi III che ebbe il sostegno delle navi del Duca di Milano che bloccarono l’accesso dal mare. Francesco Sforza, che aveva preso il comando dopo la morte del padre Giacomo Attendolo, bloccava la città dalla terraferma. A quel punto un colpo di scena. Grazie ai soldi del Papa e di Milano, Giacomo Caldora, che era il difensore di Napoli per conto dell’aragonese e di fatto alleato di Braccio, passò dalla parte di Giovanna e Luigi. All’epoca questi repentini cambi di casacca non erano cosa rara. Ci si offriva a chi pagava di più. E fu proprio Caldora a diventare il capo dell’esercito di coalizione che sconfisse Braccio (ormai suo ex alleato) nella piana tra Bazzano, Paganica, Onna e Monticchio. La riconquista da parte di Luigi e Giovanna fu rapida. A fine aprile 1424, mentre Braccio si rendeva triste protagonista dei “fatti” di Barisciano, Napoli tornò nelle mani della Sovrana e i soldati aragonesi si dispersero dandosi alla fuga. A questo punto, siamo ormai nel maggio 1424, il quadro era chiaro. A Napoli erano ben saldi Giovanna e Luigi. Il Papa tesseva le sue strategie per ricomporre e consolidare lo Stato pontificio (e temeva l’espansionismo di Braccio), il Duca di Milano – che puntava su Firenze – aveva tutto l’interesse a far fuori il Perugino che stava ormai (per contratto) dalla parte della città toscana e sarebbe andato a difenderla appena “sistemata” L’Aquila. Cosa che, come noto, non accadde perché Braccio, il 2 giugno 1424, fu sconfitto nella battaglia di Bazzano.