Batte forte il cuore neroverde: applausi ai campioni del tricolore 

Giornata di emozioni nella rimpatriata per il trentennale dello scudetto dei “ragazzi” di Mascioletti Prima la messa celebrata a Collemaggio per gli atleti scomparsi, poi la premiazione per i cinque titoli

L’AQUILA. Sono meno di 200 i giocatori che da oggi potranno fregiarsi del “cap”, il cappellino verde e giallo che ricorda gli scudetti vinti dalla Polisportiva L’Aquila rugby. Un semplice cappellino con il nome e il disegno degli scudetti conquistati, eppure un simbolo dal valore straordinario per giocatori e tifosi, consegnato ieri nel corso di una cerimonia al Relais Magione Papale. «Ognuno di voi rappresenta un valore per la nostra comunità», con queste parole il sindaco Pierluigi Biondi ha salutato gli atleti che si sono ritrovati per ricevere il premio. C’erano quasi tutti. E per chi aveva «passato la palla», il modo di dire che nel mondo del rugby serve a ricordare chi non c’è più, è arrivato un parente. L’occasione è il ricordo dello scudetto “impossibile”, di quella partita di 30 anni fa vinta contro il Milan di Silvio Berlusconi.
il ribaltone
Sui giornali sportivi, il giorno della finale, si discettava di quanti punti di scarto la corazzata del Milan avrebbe rifilato agli sventurati neroverdi allenati da Massimo Mascioletti. Com’è andata a finire lo ricordano tutti gli aquilani: 23-14 il risultato finale, quinto scudetto in bacheca e feste fino a notte fonda a piazza Duomo.
la passerella
Tra gli atleti premiati, standing ovation per Massimo Mascioletti, l’allenatore; Danie Gerber, l’autore della meta che ha tagliato le gambe ai meneghini, e per Wim Visser, che per rivedere i vecchi amici ha lasciato il Sudafrica e le piogge battenti dei giorni passati. «In Italia ho vinto 4 scudetti», ha detto Visser, «ma il mio cuore è qui, all’Aquila». «Questa è la mia seconda casa», ha detto Visser, qualche capello in meno rispetto a 30 anni fa, un’autentica montagna di muscoli che durante una partita di beneficenza schiantò a terra con un ben assestato “frontino” un fotografo prestato al rugby e sollevò di peso un altro giornalista che cercava di sfuggire al placcaggio, suscitando in entrambi i casi l’ilarità dello stadio Fattori. «Incontrare amici che non si vedono da tanto ti fa capire che il tempo passa e ti cambia», ha detto Visser, «ma è una grande gioia incontrare di nuovo tante persone fantastiche». «Guarda, questa è una grande famiglia». Dal Sudafrica sono tornati anche Danie Gerber, protagonista del campionato del 1994 e della finale, e Rob Louw, il campionissimo degli scudetti di inizio anni ’80. Louw viene spesso all’Aquila, era già venuto l’anno scorso con la figlia Roxy, dj, modella e attrice sudafricana, arrivata in città per sciare. «È un onore essere qui», ha detto Louw, «ed è bello vedere che il rugby si sta riprendendo», ha detto in una pausa dei festeggiamenti. «È stato duro vedere i danni del terremoto e i problemi dello sport aquilano, ma adesso sono sicuro che a breve il rugby all’Aquila tornerà dove merita di stare, nel massimo campionato».
la memoria
Nel primo pomeriggio, a Collemaggio, è stata celebrata una messa da monsignor Stefano De Paulis in ricordo dei rugbisti che «hanno passato la palla». In mezzo a tanti cappellini verdi con disegnati gli scudetti vinti, c’è anche chi ne aveva riportati addirittura 4. Pierluigi Pacifici, per tutti Campanella, salutato anche lui con una standing ovation, atleta degli scudetti degli anni ’60 e ’80.
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