Cinque miliardi per ricostruire L'Aquila

Il sindaco ha presentato il piano della città e di 49 frazioni

L'AQUILA. Riguarderà «non uno ma 50 centri storici» e costituirà il punto di partenza della rinascita urbanistica e sociale del territorio. Finalmente arriva il Piano di ricostruzione dell'Aquila. Il sindaco Massimo Cialente lo ha presentato ieri insieme all'assessore Pietro Di Stefano e agli architetti Chiara Santoro e Daniele Iacovone. Un piano di circa 300 pagine, un'enorme faldone, in cui sta scritto il futuro della città distrutta tre anni fa dal sisma. Riguarda 403 ettari di centro storico perimetrato, costerà circa 5 miliardi di euro e ricalca il piano strategico «L'Aquila 2020» al quale il sindaco lavorava prima del terremoto «e anche la sera del 5 aprile». L'obiettivo primario del piano è far rientrare le persone nelle loro abitazioni a partire dalla ricostruzione «della città storica e medievale», ha insistito Di Stefano.

L'ITER.
Il piano di ricostruzione è stato approvato due giorni fa dalla giunta comunale. Giovedì 2 febbraio andrà in seconda commissione Territorio, poi sarà condiviso con le circoscrizioni e andrà in consiglio comunale. Ma dopo dovrà essere sottoposto alle consultazioni previste dal nuovo regolamento sulla partecipazione. Prima dell'ultimo passaggio e l'approvazione in consiglio comunale, sul piano di ricostruzione dovrà essere raggiunta l'intesa con il commissario e il presidente della Provincia. Il piano sarà effettivamente operativo non prima dell'estate, a causa delle elezioni che imporranno uno stop di qualche settimana. «Il piano è uno strumento aperto e flessibile», ha ribadito l'assessore Di Stefano.

A COSA SERVE.
È uno strumento programmatico ed economico, che servirà come vademecum al governo centrale per capire la previsione di spesa per la ricostruzione dei centri storici. Anche se, come ha spiegato Cialente, «la somma indicata nel documento è solo una previsione. Il costo effettivo si saprà soltanto quando arriveranno i progetti con tutti i loro dettagli». Nella ricostruzione il documento privilegia il Piano regolatore generale della città, che «si è mostrato flessibile e idoneo ad accogliere le caratteristiche del piano di ricostruzione», ha spiegato l'architetto Santoro, «nonostante sia stato approvato nel 1975». Dunque si tende a seguire il piano regolatore evitando, per quanto possibile, il ricorso esclusivo a una pianificazione separata. Il piano comprende quattro sezioni: le linee d'indirizzo strategico, ritenute di una certa importanza dal Comune. Poi lo stralcio degli interventi edilizi diretti del capoluogo e quelli delle frazioni e dei progetti strategici.

COME SI PROCEDERÀ.
Si può dire che il piano di ricostruzione prevede due livelli d'intervento. Il primo riguarda il 70% degli interventi del centro e delle frazioni conformi al piano regolatore, che possono essere avviati subito, sui quali il Comune ha sempre insistito per un avvio rapido. Ci rientrano anche 800 edifici per i quali sono state già approvate le proposte d'intervento. Durante la presentazione del piano di ricostruzione del movimento "Città di persone", qualche giorno fa, Cialente aveva ribadito l'importanza di «partire subito da queste aree senza aspettare l'approvazione del piano di ricostruzione», tra le polemiche dei cittadini. Il restante 30% dei lavori riguardano, invece, gli interventi unitari e gli interventi pubblici, non conformi al Prg. In questi casi i residenti del centro dovranno aspettare che il piano diventi operativo.

LAVORO E TEMPI.
«Abbiamo fatto un lavoro immenso con i tecnici. Questo non è il piano di ricostruzione di un solo centro storico, ma di 50 centri storici e lo abbiamo presentato in tempi rapidissimi: sette mesi. Mi aspetto una lettera di encomio dal governo e dal commissario Chiodi». L'entusiasmo di Cialente ha lasciato spazio soltanto a un breve passaggio sulle polemiche che hanno accompagnato l'elaborazione del piano di ricostruzione. «Il Comune non ha mai detto che non voleva fare il piano. Saremmo stati schizzofrenici se lo avessimo affermato lavorando, nello stesso tempo, al piano». Invece no, il Comune ci ha lavorato seriamente e ci ha messo tutto il tempo che serviva per seguire le indicazione della legge 77 e dei decreti commissariali che indicavano come doveva essere realizzato il piano. C'è un nodo che per il sindaco deve essere al più presto risolto: «La filiera andrà via tra marzo e aprile. Ci devono consentire di mettere in piedi una struttura alternativa per non fermare l'approvazione dei progetti. È come se fosse scoppiato un incendio e nessuno sa come spegnerlo. Scriverò al premier Mario Monti. Non ci possiamo permettere, come sta già succedendo, che gli ingegneri presentino progetti che poi restano bloccati», ha detto.

L'assessore Di Stefano ha sottolineato la priorità di «riportare le sedi degli uffici pubblici in centro storico, facendo il contrario di quanto pianificato, ad esempio, a Gemona del Friuli o in altre città terremotate. È un passo fondamentale per far tornare anche le attività commerciali e la quindi la vita in centro».

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