Delitto di Barisciano, messaggino pubblicitario “tradisce” l’imputato 

Il telefonino cellulare del macellaio in carcere ha agganciato la cella della zona teatro del delitto Vacilla l’alibi per cui il 28enne a quell’ora sarebbe stato a Bagno Piccolo, a oltre 7 km di distanza

L’AQUILA. Un messaggio promozionale di una nota catena di negozi di elettronica potrebbe aver “tradito” la presenza di Gianmarco Paolucci (o almeno del suo telefono cellulare) sul luogo dove è stato ucciso Paolo D’Amico, il dipendente Asm trovato senza vita nella sua abitazione isolata in via Colle Toma nel comune di Barisciano, a poco più di un chilometro dalla frazione aquilana di San Gregorio. Paolucci, 28 anni, originario di Bagno, è sotto processo con l’accusa di avere ucciso D’Amico nel pomeriggio del 22 novembre del 2019 forse al termine di una lite legata a cessioni di sostanze stupefacenti. L’udienza di ieri mattina in Corte d’Assise (presidente Alessandra Ilari), durata oltre 3 ore, è iniziata un po’ stancamente. Sono stati chiamati a testimoniare alcuni colleghi di lavoro di Paolucci (macellaio in un supermercato di Bazzano). Il pm Simonetta Ciccarelli ha voluto sapere da loro con quale mano Paolucci tagliava la carne. C’è stata la conferma che l’imputato è mancino. I testimoni, nonostante le domande insistenti del pubblico ministero, non sono stati molto chiari su un fatto: se il ragazzo usasse, nel suo lavoro, anche la mano destra, cosa che potrebbe aggiungere un tassello non secondario al quadro accusatorio (l’assassino, secondo le perizie, avrebbe afferrato con la destra l’oggetto – uno scalpello da falegname – con il quale ha colpito più volte la vittima). IL CELLULARE
Per capire meglio l’importanza per l’accusa di quel messaggio promozionale arrivato sul cellulare di Paolucci bisogna ricordare che il medico legale ha stabilito l’ora della morte di D’Amico in una “forbice” fra le ore 16 e le 19,30 del 22 novembre 2019.
GLI ESPERTI
Ieri mattina in aula sono stati sentiti due tecnici informatici: l’ingegner Davide Ortolano e il professor Stefano De Nardis, docente universitario. Il primo ha analizzato i computer e i telefoni dell’imputato e della vittima per capire se, dai messaggi e da altri elementi, si possono ricostruire i rapporti tra i due. Quello che è emerso è che di contatti ce ne erano stati parecchi, ma nulla di decisivo ai fini dell’esito del processo. Il professor De Nardis era stato incaricato dalla Procura di stabilire, attraverso le celle telefoniche, dov’era il telefono di Paolucci (e quindi, si presume, dello stesso Paolucci) nelle ore in cui si sarebbe consumato l’omicidio. L’esperto ha affermato che dalle sue analisi emerge che alle ore 16.05 di venerdì 22 novembre 2019 il telefono dell’imputato ha agganciato la cella Varranoni (zona tra San Gregorio e San Demetrio) e in particolare il settore che fa riferimento a via Colle Toma dove D’Amico abitava. A quell’ora a Paolucci è giunto il messaggio pubblicitario che ha consentito al perito di arrivare alle conclusioni riferite ieri in aula. Insomma, un’incredibile coincidenza che ora gioca a favore dell’accusa. Da quel momento, le 16.05, il cellulare dell’imputato non ha dato più “segnali” e si è “rianimato” solo intorno alle 19 di quel 22 novembre. In base, invece, alle verifiche sul telefono della vittima, Paolo D’Amico era certamente a casa sua alle 15,06. Paolucci, quando è stato interrogato, aveva fornito un alibi: nel pomeriggio del 22 novembre sarebbe stato a casa della madre a Bagno Piccolo. Ma, secondo il professor De Nardis, non è possibile che da Bagno Piccolo il cellulare di Paolucci possa avere agganciato la “cella” di Varranoni. Tra la casa in cui è stato commesso l’omicidio e l’allora casa della madre del giovane, in linea d’aria, ci sono oltre 7 chilometri e in mezzo c’è la collina di Monticchio. Il ragazzo è difeso dagli avvocati Mauro Ceci del Foro dell’Aquila e Licia Sardo del Foro di Milano. La prossima udienza è stata fissata al 18 maggio.
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