Dramma della povertà a Luco dei MarsiOmar e Kalil costretti a vivere in un canale

Truffati da un connazionale marocchino sono costretti alla povertà. I due giovani dormono al freddo, mangiano nella sporcizia e si lavano con l’acqua dei fossati del Fucino

LUCO DEI MARSI. Omar e Kalil, 25 e 30 anni, marocchini, con addosso i vestiti della Caritas, jeans sporchi di terra del Fucino e vecchi giubbini di pelle estivi. Vivono in un buio canale d'acciaio nel cuore del Fucino, con temperature sottozero, senza energia elettrica, rischiando costantemente di essere spazzati via dall'acqua in caso di tracimazione. Sono arrivati dal Nord Africa nel Paese della speranza, convinti di fare fortuna, pagando settemila euro con la falsa promessa di un lavoro, sperando in un futuro migliore per loro e per le proprie famiglie che dal Marocco attendono i soldi alla fine del mese.

Invece niente. Niente soldi per i fratelli piccoli che al di là del Mediterraneo vivono ai margini della società, facendo i conti con le forti disparità di reddito presenti tra l'élite urbana e il resto della popolazione. Una disparità che invece hanno ritrovato in maniera ancora più drammatica anche in Italia.

Omar e Kalil, legati da un destino comune, uniti dall'esperienza estrema della miseria e della privazione. Quattro mesi fa sono diventati l'oggetto di un giro d'affari malavitoso tra il Marocco e il Fucino, una sorta di tratta degli esseri umani, su cui indaga la polizia della seconda sezione della Questura dell'Aquila.

Ed è proprio questo uno dei reati che potrebbe configurarsi, così come quello di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Una tratta di uomini con una variante di metodo rispetto al passato perché prima era il "padrone" a pagare, ora sono loro, le vittime, a dover sborsare del denaro per diventare oggetto di compravendita. Eppure nel 1948, con la "Dichiarazione universale dei diritti umani", la tratta di esseri umani fu bandita in tutto il mondo. Invece nel Fucino ancora c'è.

Sono diversi i casi su cui indaga la Questura e la storia di Omar e Kalil sarebbe solo la punta dell'iceberg. Dopo aver consegnato settemila euro a un intermediario marocchino, erano arrivati in Italia per lavorare come braccianti nel Fucino. La loro esperienza lavorativa è durata però solo un giorno. In mano ora hanno solo una busta paga di 36 euro.

Ora vivono nel tunnel d'acciaio dove cucinano su un fornellino a gas e dormono su vecchi materassi ricurvi sul pavimento arcuato. Per fare la doccia scaldano l'acqua del canale, sporca e fangosa. «Il freddo ci sta procurando problemi di salute», spiega Kalil, «e non possiamo andare né in ospedale per le cure e né in farmacia perché siamo clandestini e non abbiamo documenti. Hanno preso i nostri risparmi, ci hanno portato in Italia ma non hanno mantenuto le promesse».

Niente lavoro e niente soldi che forse si sono divisi l'intermediario marocchino e l'imprenditore del Fucino. I due giovani si sono così rivolti all'avvocato Pasquale Motta per avere giustizia e la polizia sta cercando di individuare i colpevoli e accertare le loro responsabilità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA