Estradizione del palestinese Anan Nuovo sit-in a palazzo di giustizia 

Slai Cobas e le altre sigle a sostegno della causa del 36enne arrestato in città con l’accusa di terrorismo In Corte d’Appello verrà riesaminato il caso dopo il precedente pronunciamento che negò la consegna

L’AQUILA. Nuovo presidio il 30 aprile, dalle 15,30, davanti al palazzo di giustizia dell’Aquila, durante la nuova udienza per l’estradizione di Anan Yaeesh, 36 anni, che si terrà in Corte d’Appello. L’annuncio della nuova mobilitazione arriva da Luigia De Biasi (Slai Cobas).
«Sembrava scampato il pericolo dell’estradizione per Anan Yaeesh, palestinese arrestato in città il 27 gennaio su richiesta israeliana e raggiunto l’11 marzo da un secondo mandato di cattura per essere processato in Italia come partigiano della Resistenza palestinese in Cisgiordania, insieme ad Ali Irar e Mansour Doghmosh», fanno sapere gli attivisti. «Sembrava un capitolo chiuso quello dell’estradizione, ma così non è. Il procuratore generale dell’Aquila, contestualmente alla camera di consiglio che il 12 marzo ha dichiarato Anan inestradabile, ha infatti presentato una requisitoria per riavviare la procedura estradizionale. La richiesta di arresto provvisorio a fini estradizionali di Anan Yaeesh, avviata da Israele e accolta da Nordio, fu formalmente rigettata dalla Corte d’Appello dell’Aquila, che il 12 marzo ne dispose la liberazione qualora Anan “non fosse stato ristretto per altra causa”. La Corte, in quella sede, ritenne che lo stesso, qualora estradato nello stato di Israele, potesse essere sottoposto a trattamenti crudeli, disumani o degradanti, o comunque ad atti che configurano la violazione dei diritti umani, senza entrare nel merito delle accuse mosse da Israele per motivare la richiesta di estradizione. Accuse che spesso sono il frutto di metodi d’investigazione e interrogatori compatibili con la definizione di tortura, ed è sul merito di quelle accuse che la procura generale dell’Aquila insiste oggi per riavviare la procedura estradizionale».
A quelle accuse la difesa risponderà portando in aula «le torture e i trattamenti inumani e degradanti a cui sono sottoposti i prigionieri politici palestinesi nelle carceri israeliane, nonché l’esistenza di un regime di apartheid giuridico per i palestinesi residenti nei territori occupati», aggiungono dallo Slai Cobas. «A quelle accuse noi risponderemo ancora una volta che la Resistenza non è terrorismo e non si processa, è legittima lotta di autodeterminazione dei popoli».