Falcone e quelle lacrime antimafia

Lezione di legalità a 800 studenti, la sorella del giudice si commuove.

AVEZZANO. Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni, si commuove quando parla dell’Albero della legalità a Palermo, dei mafiosi arrestati portati lì davanti e costretti ad abbassare la testa di fronte alle foto dei morti di Capaci. Ottocento studenti applaudono alla lezione.

In un teatro Dei Marsi trasformato in aula si incontrano persone e personaggi che conservano la bussola della legalità per navigare verso un futuro migliore. Ci sono Maria Falcone, che è anche la presidente della Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, e il giudice Giuseppe Ayala, che con Falcone e Borsellino ha formato il pool antimafia del primo maxi processo a Cosa Nostra. Volti e storie che fino a ieri erano sconosciuti o quasi agli studenti di oggi. Fino a ieri, giorno del convegno «La scuola per una cittadinanza consapevole» organizzato dalla media Vivenza, in collaborazione con il Comune di Avezzano e il Distretto scolastico numero 2.

«Vi ho portato un filmato per farvi provare le emozioni di questa dolorosa pagina di storia del nostro Paese», afferma Maria Falcone, anticipando la proiezione del documentario di Rai Educational sulla lotta alla mafia e sulle stragi di Capaci e via D’Amelio, nella primavera-estate ‘92, dove persero la vita i giudici Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. «È brutto dirlo», riprende Maria Falcone, «ma queste morti sono state utili. Grazie a Giovanni e Paolo, Palermo è cambiata e si è innescato un meccanismo di ribellione alla mafiosità.

In Sicilia abbiamo quasi vinto, ma la potenza della criminalità si è trasferita altrove: penso alla ‘ndrangheta calabrese o alla camorra campana. Aiutiamoci tutti. Giovanni lascia un testamento morale. Diceva che la mafia sarebbe stata vinta attraverso un esercito di giovani. Diceva, forse presagendo la sua fine, che gli uomini passano, le idee restano: restano le loro tensioni morali che continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini». Poi la commozione quando fa un cenno all’Albero della legalità a Palermo, diventato monumento alla strage di Capaci. Qui la squadra catturandi della questura siciliana accompagna i mafiosi arrestati.

Criminali costretti ad abbassare la testa alla frase «Falcone vive, voi siete morti».
Ayala lascia spazio ai ricordi. «Avevamo un capo, Rocco Chinnici, che era un punto di riferimento, un lavoratore mattiniero», racconta il magistrato, «un giorno tornò dopo mezzogiorno, fatto insolito. Andai nel suo studio e gli feci una battuta: ti pare possibile arrivare dopo pranzo? Mi rispose: sono andato a seminare. Non capii e lui intervenne: sono stato a parlare con i ragazzi di una scuola. In giornate come queste mi sento utile. Incontri del genere aiutano i giovani a crescere con la consapevolezza della cittadinanza. Le regole comportamentali e giuridiche debbono essere una guida».

Al convegno, coordinato da Abramo Frigioni, preside della Vivenza, sono intervenuti anche il sindaco Antonio Floris, il vescovo Pietro Santoro, il giornalista e scrittore Giommaria Monti, il vice direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Emanuele Nicolini. Il sindaco Floris tiene a precisare che Avezzano e la Marsica «non possono restare fuori da temi come questi perché non esistono più isole felici» e cita anche il caso di Rosarno in Calabria: «Rosarno potremmo trovarcela a pochi chilometri da qui. Provate a fare una passeggiata nel Fucino, in estate, dove gli immigrati vivono in condizioni disumane. Sta a noi che abbiamo la responsabilità delle istituzioni dare risposte».

La giornata viene intervallata dalle esibizioni del coro e dell’orchestra della Vivenza. Piccoli musicisti diretti da Beatrice Ciofani, Giorgio Colantonio, Stefano Fonzi e Francesco Di Girolamo.