I giudici: «Così don Paolo ha ucciso» 

Condannato per le tracce di sangue: «Sono fuoriuscite quando ha strozzato l’anziano prete. Le sue tesi smentite da testimoni»

L’AQUILA. Sono state le tracce di sangue rilevate sulle lenzuola del letto della vittima le prove inattaccabili che hanno convinto i giudici della Corte d’Assise a ritenere che don Paolo Piccoli, ex parroco di Pizzoli e Rocca di Cambio, e ancora incardinato nella diocesi dell’Aquila, abbia strozzato il suo anziano confratello, il 92enne Giuseppe Rocco, nella Casa del clero del seminario dove entrambi vivevano a Trieste.
LA DINAMICA. Nelle motivazioni della condanna a 21 anni e mezzo per omicidio si fa espresso riferimento a questo aspetto. Gli esami del Ris hanno accertato che il sangue era di Piccoli. E, secondo i giudici, non sono state causate da un’asserita patologia, di cui il 54enne prete soffriva con lievi perdite ematiche dalla braccia durante l’estrema unzione, ma in conseguenza dell’aggressione. «L’imputato», scrivono i giudici nella motivazione, «aveva le maniche lunghe e non si è avvicinato né è entrato in contatto con la parte centrale del letto dove sono state scoperte le tracce. L’imputato non aveva mai manifestato sanguinamenti copiosi tali da poter gocciolare». Il collegio non ritiene che le affermazioni fatte dal prete per difendersi siano credibili. In proposito ci sono testimoni che sostengono che lui era distante dal letto durante l’estrema unzione che impartì. «Pare evidente», si legge nelle motivazioni, «che davanti alla Corte l’imputato abbia voluto indossare una maschera, quella di ministro del culto reverente e rispettoso del prossimo e tutore dell’ordine e del decoro finendo, tuttavia, per venire smentito da se stesso e dai testimoni». Ci sono intercettazioni che secondo il collegio provano il livore dell’imputato verso la vittima, che definisce «abominevole elemento».
IL MOVENTE. Da sempre l’accusa ha sostenuto che don Paolo nella notte del 25 aprile del 2016 sarebbe entrato nella stanza della vittima per derubarlo e dal collo della vittima era scomparsa una collanina. In passato da quella camera erano scomparsi oggetti di natura religiosa. Quei furti erano stati segnalati alla direzione del seminario per cui era stata notificata a don Piccoli, sospettato di essere un cleptomane, una lettera di richiamo dalla direzione della struttura. Probabile che l’anziano si sia accorto della presenza dell’imputato, che lo avrebbe strangolato. Inizialmente si era ipotizzato un decesso per cause naturali, ma l’autopsia confermò una morte violenta. Le motivazioni sono al vaglio degli avvocati del prete, Stefano Cesco e Vincenzo Calderoni, che ricorreranno in Appello. Don Paolo, del resto, ha sempre respinto le accuse. «Perché mai», disse dopo la sentenza, « avrei dovuto buttare 43 anni di vita religiosa, di cui 26 anni di sacerdozio e 23 di “monsignorato”, per una catenina e due bomboniere?».
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