I giudici: «Flussi di soldi da Tiberti a di Orio»

Condanna dell’ex rettore, depositate le motivazioni dal tribunale di Roma. Pronto il ricorso

L’AQUILA. «C’è la «piena prova» di «un considerevole flusso di denaro» dal docente dell’Università dell’Aquila Sergio Tiberti all’ex rettore Ferdinando di Orio, «nell’ordine di circa 200 mila euro», dei quali «l’entità, la natura e la modalità dei versamenti» sono «incompatibili con le usuali regalie che possono intervenire in un rapporto di amicizia e dimostrano, piuttosto la totale sudditanza di Tiberti». È uno dei passaggi salienti delle motivazioni della sentenza di condanna di primo grado a tre anni di reclusione inflitti a di Orio, con l’accusa di induzione indebita a dare o promettere utilità, dal collegio giudicante del tribunale di Roma. Un caso giudiziario che ha portato alla sospensione dell’ex rettore dalla cattedra di Storia della medicina decisa dalla rettrice, Paola Inverardi, in base alla legge Severino e a un parere dell’avvocatura dello stato. Frase chiave, attribuita a Di Orio e riportata in aula da Tiberti, come citato nella sentenza: «Mi devi dare questi soldi, se non me li dai passerai dei guai». Una stangata per di Orio, condannato anche alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, alla confisca di beni o somme per 84 mila euro, a pagare un risarcimento immediato di 18 mila euro oltre a quello da stabilire con un giudizio civile e al pagamento delle spese processuali per 8 mila euro. Oltre 200 mila euro in dieci anni consegnati da Tiberti a di Orio è la somma che compariva nella denuncia di Tiberti, dove spiegava di aver detto basta nel 2006 alle dazioni che gli venivano richieste dall’ex rettore, tra le quali anche un’automobile per la figlia e abiti sartoriali di lusso.

Regalie estorte, secondo l’accusa avvalorata dalla sentenza, sotto la minaccia di compromettere, in caso contrario, la carriera accademica e professionale del docente di Igiene dell’allora facoltà di Medicina, con il quale di Orio aveva avuto in passato buoni rapporti: tanto che, in un’udienza del 3 marzo 2015, l’ex rettore ha definito il docente «forse il migliore amico che abbia mai avuto».

Sempre stando alle motivazioni, l’ex senatore per il quale il pm Stefano Rocco Fava aveva chiesto sei anni di carcere, non ha preso la pena maggiore di quattro anni e sei mesi perché sono scattati i benefici essendo incensurato.

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