Il fuoco del Perdono per accendere la festa

Folla in centro storico per l’avvio del Giubileo aquilano tra musica e danze Le lacrime del tedoforo nigeriano e i bilanci del sindaco a fine mandato

L’AQUILA. Piange Edwin Ese davanti alle telecamere. Il tedoforo arrivato dalla Nigeria all’Aquila, la città del perdono e della pace, ha appena acceso la fiamma simbolo della Perdonanza celestiniana, e non regge all’emozione. La fiamma che ha fatto fatica ad alimentarsi, ostacolata dal vento, resterà accesa fino a lunedì 29, a simboleggiare quel perdono invocato e voluto da Papa Celestino V, 722 anni fa, per il suo popolo e per tutta l’umanità. Un miracolo che si ripete mentre Ese piange in silenzio, si volta di spalle alle telecamere e si mette le mani sul volto: il dolore si sopporta da soli, non si ostenta. E il suo dolore è quello di un giovane rifugiato che ha perso la moglie di 23 anni e il figlio di 2, vittime delle persecuzioni religiose, per poi finire nel capoluogo martoriato dal sisma. In questa Perdonanza numero 722 è lui, ospite del Centro celestiniano dell’Aquila, ad avere la responsabilità di accendere la luce del perdono più che mai simbolo di tutti i dolori dell’umanità – in un contesto di guerre e terrorismo – e non solo di quello personalissimo degli aquilani che forse, per la prima volta quest’anno, sembrano aver messo da parte la disperazione. Lo ha voluto ribadire anche il sindaco Massimo Cialente, che ha preso la parola per primo durante l’attesa dei tedofori, in ritardo rispetto alla tabella di marcia, davanti al sagrato della basilica di San Bernardino, senza illuminazione, per l’occasione, ma sotto un cielo stellato. «Questa è la mia ultima Perdonanza da sindaco, è tempo di fare un bilancio», ha detto emozionato, «e per la prima volta dopo sette anni e dopo momenti anche di disperazione, vedo nei volti degli aquilani tornare la serenità». Certo, le cose da fare sono tantissime, e infatti ecco l’appello di Cialente al presidente della Regione Luciano D’Alfonso, affinché adotti la Perdonanza, per dire di non lasciare sola L’Aquila, nel suo volo ancora incerto. Appello accolto, qualche istante più tardi, dal presidente: «Grande vita all’Aquila», ha detto D’Alfonso, «faremo tutto quanto è possibile». L’invito a «uscire dalla mediocrità e guardare negli occhi chi ci vive accanto uscendo dall’ipocrisia e dall’egoismo» arriva dal presidente della Provincia Antonio De Crescentiis, un messaggio che va a rafforzare quello di Cialente quando ha invitato «a chiudere gli occhi e a chiederci che cosa per noi, che abitiamo la città della Perdonanza, significhi il perdono». Il percorso del Fuoco del Morrone, organizzato dal Movimento celestiniano, ha preso il via il 16 agosto scorso dall’eremo di Sant’Onofrio, a Sulmona, e si è concluso sul sagrato della basilica, dove si sono ritrovati tutti i tedofori che hanno accompagnato la fiaccola nel suo viaggio. È toccato al nipote del tre volte sindaco dell’Aquila Tullio de Rubeis, suo omonimo, leggere la pergamena sottoscritta da tutti i sindaci dei Comuni attraversati dalla fiaccola: basta fanatismi, stop a guerre e a vittime innocenti. Questo il senso profondo del suo contenuto. E dopo la commozione, la festa, con i tanti concerti, i giocolieri, le degustazioni della “Notte festante”. E intanto a vincere il concorso “Una cartolina per la Perdonanza è stata l’alunna di terza media Rachele Tamez della scuola Micarelli.

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