Il futuro del fiume divide la Valle del Liri

I Comuni premono per la rivitalizzazione. Ma devono misurarsi con le società che hanno interessi nell’energia idroelettrica

CIVITELLA ROVETO. I nove Comuni della Valle del Liri, costituitisi in consorzio, puntano al rilancio dell'economia del territorio, attraverso una «sostenibile e corretta gestione delle risorse idriche». A tal fine stanno predisponendo dei progetti, da presentare alla Regione, per accedere ai fondi strutturali 2014-2020. L’obiettivo che si persegue, attraverso il cosiddetto «contratto di fiume», è quello di ridare vita, dopo anni di agonia, al fiume Liri. Al quale, da sempre, è strettamente legato il destino degli abitanti della Valle.

Nella storia del Liri, a beneficiare dell'utilizzo dell’acqua, sono stati i potenti di turno: dai feudatari ai proprietari delle società elettriche ai capitani d'industria. I primi, oltre ad essere proprietari dei mulini, esercitavano una serie di diritti: da quello della pesca a quello del pascolo a quello dell’uso dell’acqua.

Con l’abolizione nel 1806, del feudalesimo, l’acqua diventò pubblica, ma le popolazioni della Valle continuarono a vivere nella miseria. Ai feudatari subentrò il notabilato locale, che continuò a gestire l'acqua a proprio esclusivo vantaggio.

Con la realizzazione, agli inizi del Novecento, delle centrali elettriche da parte di società private, l’acqua viene captata per alimentare gli impianti, a scapito dell’irrigazione. Le popolazioni della Valle, che per secoli avevano dovuto subire soprusi e angherie, cominciano a prendere coscienza della loro condizione di sfruttati e lottano per l’affermazione dei propri diritti.

I momenti più significativi di questa lotta furono gli scioperi, nel secondo dopoguerra, contro le società elettriche che si rifiutavano di pagare i canoni rivieraschi ai Comuni. Vi furono scontri con le forze dell’ordine e arresti.

Con la nazionalizzazione dell'energia elettrica, nel 1962, la gestione delle centrali passò all’Enel, ma il contenzioso sui canoni rimane ancora aperto. Al fine di chiuderlo, si è costituito di recente un consorzio dei Comuni del Bacino imbrifero montano, con Morino capofila, per stabilire chi ha diritto a percepire gli arretrati e l'entità della somma.

Le centrali idroelettriche gestite oggi dall’Enel in Valle Roveto sono cinque. Tre di esse, le più grandi, si trovano a Canistro, Morino e Balsorano, e sono alimentate dalle acque del Liri. Le altre due, Schioppo 1 e Schioppo 2, si trovano nel comune di Morino e sono alimentate dal torrente Romito, affluente del Liri. L’energia prodotta, informa l’Enel, può soddisfare i consumi annui di 50mila famiglie. La sesta centrale, a ridosso di Canistro, è gestita dalla Cartiera Burgo, un’azienda del nucleo di Avezzano, e alimentata dalle acque del Fucino che, attraverso l’Emissario Torlonia, confluiscono nel Liri. Ad assestare un colpo mortale al fiume, nella seconda metà del Novecento, intervengono altri due fattori: l’ulteriore captazione di acqua per soddisfare le esigenze idriche di altri centri dell’Abruzzo e del Lazio, che ha ridotto il fiume, specie d’estate, a un rigagnolo, e le continue morìe di pesci dovute alle acque del Fucino, inquinate per mancanza di depuratori, che finivano nel Liri. Oggi una “rivitalizzazione” del fiume non può prescindere da una riflessione sull'utilizzo delle acque del Liri per la produzione di energia. Interessati a questa attività produttiva sono vari soggetti, che gli economisti chiamano “stakeholder”. Sono gli azionisti, i finanziatori, ma anche le comunità locali, in questo caso gli abitanti della Valle del Liri. Che dalla captazione dell’acqua per alimentare le centrali si ritengono penalizzati. Se a ciò si aggiunge che per le fonti rinnovabili di tipo “classico”, qual è l’energia idroelettrica, a detta degli esperti, «sensibili miglioramenti sono inimmaginabili, essendo state completamente sfruttate», e che i costi, per le centrali della Valle, lievitano a causa della notevole distanza tra il punto di captazione e gli impianti, ai quali l’acqua arriva attraverso gallerie, è giunto il momento di domandarsi se conviene ancora produrre energia. Si mettano sul piatto della bilancia vantaggi e svantaggi. E se i secondi superano i primi, se ne traggano le conseguenze.

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