Il procuratore generale Mancini: «Il Covid non fermerà i processi» 

Corte d’Appello, il magistrato appena insediato: «La priorità è garantire l’attività in sicurezza per tutti Gli uffici sono ben organizzati, ma qui può entrare chiunque. C’è troppo movimento non controllato»

L’AQUILA . Organizzazione e sicurezza. Alessandro Mancini, appena insediato alla guida della Procura generale della Corte d’appello, indica queste due parole chiave per il suo nuovo incarico. Dell’organizzazione, rivela, «sono un po’ un patito» e dunque la cura con costanza. La sicurezza, invece, s’impone tra le priorità del suo mandato sia nell’accezione legata all’emergenza sanitaria in corso, sia per la particolare condizione del palazzo di giustizia diventato la sua nuova sede di servizio.
Procuratore, partiamo proprio da questo punto: cosa c’è da fare?
«Mi muoverò con una certa celerità soprattutto per quanto riguarda la messa in sicurezza di questo palazzo di giustizia che mi sembra un punto sul quale lavorare, c’è da fare parecchio. Ci sono accessi indiscriminati, chiunque può andare dovunque: la prevenzione significa farle prima le cose, non dopo che è avvenuto il fattaccio insomma».
C’è troppa libertà di movimento?
«Sì, allo stato attuale chiunque può presentarsi davanti alla porta del procuratore generale senza colpo ferire, non esiste proprio. Ormai i fatti di cronaca avvenuti all’interno dei palazzi di giustizia sono abbastanza numerosi e non vogliamo che anche L’Aquila rientri in questa triste tradizione».
Più in generale come ha trovato l’ufficio? Ha già fatto una ricognizione?
«Sono ai primissimi giorni, ma un’idea comincio a farmela. Venendo da un ufficio direttivo come Ravenna ho subito messo a fuoco quelli che possono essere i punti da migliorare. Ho trovato comunque un ufficio ben organizzato e per questo rivolgo un plauso al mio predecessore Pietro Mennini e ai colleghi che sono tutti di esperienza, di competenza e con un certo tratto di stile.
Quali sono le principali criticità?
«Ci sono le note carenze che perseguitano tutti gli uffici: carenze di personale e carenze di mezzi. Faremo di necessità virtù, ma complessivamente ho trovato una situazione assolutamente positiva».
Subentra a un procuratore apprezzato, seguirà la stessa impostazione di lavoro?
«Agirò sicuramente in linea di continuità. Se ci saranno margini di miglioramento nell’assetto organizzativo, certamente perseguirò questa strada. Come ho detto, l’ufficio comunque è ben organizzato, il collega ha fatto un ottimo lavoro».
L’emergenza sanitaria si ripercuote tutt’ora sull’amministrazione della giustizia: come l’affronterà nel suo nuovo incarico?
«Le priorità in questo caso sono assicurare la salute di tutti quelli che hanno a che fare con gli uffici e garantire il regolare svolgimento dell’attività giudiziaria, che ha pagato un pesantissimo tributo al Covid in termini di rallentamento dell’attività stessa. Il sistema di videoconferenza ci ha aiutato, consentendo di celebrare udienze, seppure a distanza, e svolgere altre iniziative. È chiaro che siamo tutti ansiosi di un ritorno alla normalità che però francamente non mi pare dietro l’angolo».
All’atto del suo insediamento lei si è detto assertore dell’etica della responsabilità. Ritiene che sia un valore poco praticato?
«Chi assume un ruolo dirigenziale deve risponderne nel bene e nel male e non eludere la propria responsabilità. Questo è il Paese dei perdoni, si perdona tutto. Si dice: “sì ma poverino”. In questo non mi ci ritrovo. Confucio poneva una domanda: “Se tu ripaghi il male con il bene, come ripagherai il bene?” Provi a rispondere a questa domanda. Comunque uno si comporti, male o bene, ha la stessa ricompensa? No, così non va bene. In questo senso va applicata l’etica della responsabilità. Significa assumersi le proprie responsabilità in un contesto antropologico-culturale in cui spesso è facile dire: “Va bene, per stavolta passi”. No, non si educano così i nostri figli e nipoti secondo me. Il messaggio non è corretto, non è formativo».
È con questo spirito che approccia il muovo incarico?
«Ho mantenuto e mantengo le stesse motivazioni e tensioni di giustizia, etiche se vogliamo, anche se è una parola che può sembrare retorica, che avevo da ragazzo: in questo non è cambiato nulla. Interpreto la mia attività come un servizio da rendere ai cittadini nel miglior modo possibile, anche se gli errori sono sempre dietro l’angolo».
L’entusiasmo, insomma, non le manca, giusto?
«Mi ritengo un privilegiato a poter svolgere un’attività che amo e quindi cerco di ripagarla con un servizio efficiente, rapido e anche umano perché il controllo di legalità deve essere improntato al rispetto del decoro e della dignità delle persone: questo è un dato che va messo in evidenza. Per il resto spero di poter dare un contributo al buon andamento della giustizia in questa bellissima città e in un importante distretto. Farò del mio meglio».
Ha già avuto contatti con le istituzioni locali?
«Il sindaco è stato gentilissimo, mi ha mandato una lettera di benvenuto che ho apprezzato tantissimo e confido che collaboreremo, nei settori in cui è possibile, proficuamente e cordialmente».
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