la città magica

L'Aquila, quattro passi sotto le mura illuminate

Da Porta Branconia a Santa Croce: i restauri svelano un camminamento che fa scoprire angoli nascosti per troppo tempo agli occhi degli uomini

L’AQUILA. È nell’ora blu, in un momento preciso del crepuscolo, quando il sole è sotto l’orizzonte, ma non è ancora completamente tramontato, che i led incastonati tra i sampietrini cominciano ad accendersi, inondando le mura della città di una luce calda e soffusa. È forse quello il momento più magico per una passeggiata lungo la cinta appena restaurata. Dura poco più di mezz’ora e bisogna stare attenti a non tardare. Noi abbiamo rispettato l’appuntamento, insieme all’architetto Antonio Di Stefano, progettista e direttore dei lavori del restauro della mura, che ci ha accompagnato in una passeggiata in anteprima lungo il tratto di cinta che tra neanche un mese e mezzo verrà restituito, con un camminamento, alla città: da Porta Branconia alla zona di Santa Croce.

L'Aquila magica, a spasso tra le mura ristrutturate
L'Aquila, da Porta Branconia a Santa Croce, i restauri delle mura dell'antica città svelano un camminamento che fa scoprire angoli nascosti per troppo tempo agli occhi degli uomini. Il Centro lo ha percorso di sera, in un'atmosfera magica, con l'architetto Antonio Di Stefano, responsabile del restauro. (intervista Michela Corridore, video di Raniero Pizzi)

CINQUE CHILOMETRI. La cinta di cinque chilometri, solo in parte illuminata dalla Soprintendenza ai beni culturali, sembra aver già conquistato gli aquilani che ogni sera la guardano accendersi da lontano e attendono con impazienza il momento in cui sarà possibile camminarvi. Ma i varchi sono ancora tutti chiusi e all’interno continuano incessanti i lavori. «Vi ho portato qui», dice l’architetto, «perché è la zona in cui il restauro si avvia a conclusione». Gli operai spostano un tramezzo di cartongesso. Porta Branconia appare d’improvviso bella come nessuno può ricordarla: una scalinata di sampietrini scende verso l’arco di pietre bianche che guarda in direzione del Gran Sasso. Oltre la porta comincia il camminamento al fianco delle mura.

L’ORA BLU. È l’ora blu, appunto, quella in cui il cielo diventa di un colore intenso disegnando appena le montagne all’orizzonte di una tonalità più scura. Sotto si staglia la città, con le sue luci, i suoi tetti e le sue gru. Il camminamento è ampio e una fila continua di led illumina le antiche pietre. «Nonostante le lampade siano incastonate a pavimento riescono a fare luce dal basso su tutto il fronte delle mura. Sono resistenti a intemperie, neve e ghiaccio», spiega Di Stefano. «Il progetto prevede una differenziazione luminosa e cromatica per i tratti rettilinei rispetto ai bastioni, in modo da evitare che da lontano ci sia un effetto di piatto. Per questo ho usato temperature di colore diverse: più calda per le zone uniformi e più fredda sui bastioni, l’elemento difensivo delle mura. Si riproduce così la tridimensionalità nella visione da lontano della cinta, perfettamente riconoscibile anche dall’autostrada». Ecco spuntare un torrione, in parte crollato, forse nel 2009. «Era coperto completamente dalla vegetazione», racconta l’architetto. «Abbiamo deciso di lasciarlo a mo’ di rudere per dare la possibilità di capire com’era il suo interno. Con ogni probabilità aveva feritoie laterali per proteggere una porta, quella porta lì». Di Stefano indica con la mano un arco murato: è Porta San Lorenzo o Porta Pizzoli, che prima del restauro delle mura non era visibile. Non molto lontano, un contrafforte con all’interno parti di tubature in pietra di un vecchio acquedotto.

LA STORIA. «I lavori di costruzione della cinta sono cominciati nel 1254, ma il progetto originale era molto più ampio dell’attuale, includeva anche Collemaggio», precisa l’architetto. «Nel 1259 Manfredi ha distrutto la città e probabilmente le mura non erano state ancora completate, motivo per cui è stato ridimensionato il progetto tramite una configurazione studiata da Lucchesino, uno dei capitani dell’Aquila, nel 1272. Ma attenti, qui si scende e la pavimentazione è ancora incompleta».

PASSAGGIO CHIUSO. Per raggiungere la parte finale bisogna attraversare un tratto più scosceso. In fondo, il viale è chiuso. «Tra un mese e mezzo si potrà arrivare fino a via Vicentini, nei pressi di Porta Barete», dice Di Stefano. «L’altro tratto su cui già stiamo lavorando è quello di via 25 aprile: si parte dal tribunale, si scende verso la stazione, per rientrare attraverso la nuova porta, appena scoperta, Poggio Santa Maria. Sarà un tratto senza barriere architettoniche». Mentre parla, Di Stefano indica la zona, ma lo sguardo non può che perdersi dietro l’orizzonte e le luci della città che brillano ancor di più ora che il sole è tramontato e il cielo ha indossato il suo mantello più scuro.

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