L’Aquila va alla riscoperta del pittore del ‘700 Damini 

Contribuì alla ricostruzione artistica della città distrutta dal sisma del 1703 Mostra virtuale con le sue opere: alcune conservate al Munda ma mai esposte

L’AQUILA. Una mostra virtuale, nata dalle pagine di Facebook, per far conoscere a un pubblico più vasto possibile il pittore veneziano Vincenzo Damini, artista di cultura europea, molto attivo all’Aquila nella prima metà del Settecento e apprezzato all’estero, che in città sembra aver subito una damnatio memoriae. L’iniziativa è di Roberto Durigon, esperto di arte abruzzese, e del gruppo di studio della pagina “Lo rivoglio all’Aquila”. L’obiettivo è sensibilizzare i vertici delle diramazioni locali del ministero ai Beni culturali e in particolare del Munda (museo nazionale d’Abruzzo), dove sono conservate alcune sue opere, raramente o mai esposte.
«Notevole è stato il contributo di Damini nella ricostruzione della città a seguito del terremoto del 1703», spiega Durigon. «Di carattere tormentato e bizzarro, la sua cultura figurativa è vasta e parte da suggestioni lagunari per giungere a chiaroscuri di matrice napoletana. Molti importanti musei del mondo espongono sue opere, il Munda no, pur trattandosi dell’unico pittore degno di nota per tutto il Settecento abruzzese. La mancata esposizione rende forviante e imprecisa la rappresentazione della nostra storia dell’arte, in considerazione anche del fatto che l’artista fu fonte di ispirazione per diversi pittori minori. Sarebbe bello se almeno questa damnatio memoriae fosse interrotta da una mostra, magari in iniziative future all’interno di palazzo Dragonetti (con ampie stanze decorate dall’autore) o di palazzo Ardinghelli, di imminente apertura, che conserva 5 dipinti raffiguranti i continenti, datati al 1744 e collocati sullo scalone monumentale. Per il Munda potrebbe essere l’occasione per una piccola esposizione delle tele».
Le opere sono conservate anche nei depositi della Curia (molti i soggetti di matrice religiosa), in attesa di essere restaurate, e in quelli del museo di San Giuliano. Proprio nella vicina chiesa, infatti, è presente il capolavoro del pittore: un olio su muro che rappresenta l’adorazione dei Magi. Per il convento di San Giuliano, nel 1737 Damini dipinse anche “San Giovanni da Capistrano alla battaglia di Belgrado”, un “San Bernardino e San Giovanni da Capistrano”. Nella stessa chiesa si conserva il suo dipinto “Sant'Antonio e San Diego d’Alcalà adorano il Crocifisso”, datato 1738, e la pala dell’altare maggiore con San Pasquale Baylon; nel coro c’è “San Gennaro” con il Vesuvio sullo sfondo, dipinto nel 1740 circa e nella cupoletta si vedono 4 suoi ovali con Evangelisti. Opere dello stesso autore erano presenti prima del sisma anche nelle chiese di San Silvestro, Sant’Agostino, Santa Margherita e Santa Maria Paganica. Solo alcune sono state recuperate. «La mostra virtuale è nata dalla constatazione di come in Abruzzo alcuni artisti abbiano subìto una sorta di cancellazione», conclude Durigon. «In particolare Damini sembra del tutto ignorato anche dal Munda che dovrebbe documentare le attività artistiche della regione. Stessa sorte è toccata ad artisti seicenteschi, quali il Bonocore da Campli che ebbe fervida attività a Roma, Giovan Battista Spinelli bergamasco attivo a Chieti e il napoletano Giacomo Ferelli che fu anche governatore dell’Aquila».
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