Mafia dei pascoli, uno stop a tre aziende 

Irregolarità nelle concessioni di terreni e contributi comunitari: scattano i primi provvedimenti della prefettura in provincia

L’AQUILA. Tre interdittive antimafia sono state emesse dalla prefettura nei confronti di altrettante aziende agricole della provincia (non sono stati resi noti i comuni). Si tratta di provvedimenti disciplinati dal Codice antimafia per prevenire le infiltrazioni mafiose nel mercato mediante l’interdizione delle imprese, che ne sono destinatarie, a contrarre con la Pubblica amministrazione o a ricevere erogazioni pubbliche, al fine di assicurare la tutela della concorrenza.
Nello specifico le interdittive sono scaturite nell’ambito delle concessioni di terreni agricoli e zootecnici demaniali da parte degli Enti locali e in quello delle erogazioni pubbliche per l’agricoltura. Per dirlo in due parole si tratta della mafia dei pascoli. Un fenomeno molto presente sulle montagne abruzzesi come evidenziato dalle ricerche svolte della professoressa Lina Calandra, ricercatrice del Laboratorio Carto-lab del dipartimento di Scienze umane dell’Università dell’Aquila che ha condotto una lunga ricerca sul campo, durata quasi dieci anni, svelando come le montagne, apparentemente incontaminate, siano in realtà infiltrate da organizzazioni criminose.
In particolare, in un articolo dal titolo “Pascoli e criminalità in Abruzzo: quando la ricerca geografica si fa denuncia” del 30 giugno 2019, la professoressa Calandra parla di «ampia e diversificata casistica di episodi e dinamiche che, al limite tra legale e illegale, hanno luogo sulle nostre montagne in riferimento ai pascoli sia da ricondursi a sistemi organizzati di criminalità, presumibilmente e per certi versi anche di stampo mafioso».
La docente universitaria prosegue riportando interviste ad imprenditori che bene evidenziano le dinamiche del fenomeno: «C’è scarsità di pascoli in alcune zone perché i comuni preferiscono affittarli a gente che viene da fuori (e che può offrire di più perché si tratta di grandi aziende) ma che poi, in realtà, non ha nessun vero interesse per lo sfruttamento del pascolo. Infatti, si tratta spesso di gente che viene qui, affitta i pascoli e ci lascia qualche bestia tutto l’anno incustodita solo per avere i contributi della Politica agricola comunitaria. Questa assegna i contributi in base ai titoli e agli ettari di pascoli, non in base alla reale produttività che ne deriva. Perciò, si è scatenata la corsa all’affitto dei pascoli da parte di gente che non ha alcun interesse e noi che invece ci campiamo col pascolo, non sappiamo dove portare le greggi». (f.d.m.)
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