Sfrattati moglie e figli, padre condannato 

Per più di 10 anni non paga gli alimenti alla moglie: interrotte le rate del mutuo la donna finisce fuori casa

L’AQUILA. Per più di dieci anni non ha pagato gli alimenti alla moglie, che non ha un lavoro stabile, e ai due figli e ha interrotto l’erogazione delle rate del mutuo della casa a loro assegnata, in modo tale che venissero sfrattati. È il comportamento dell’uomo aquilano stigmatizzato dalla sentenza emessa nei giorni scorsi in tribunale.
«Il processo si è instaurato a seguito di denuncia-querela sporta nell’anno 2016 dall’ex moglie a tutela sia propria che dei suoi figli e si è conclusa in primo grado all’udienza del 3 giugno con una condanna esemplare del padre al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile per un importo pari a 5.000 euro, alla reclusione di 6 mesi e relativa multa di 400 euro, oltre alla refusione delle spese e competenze professionali», spiega l’avvocato della donna, Carlotta Ludovici, specificando che la pena si riferisce al solo anno 2015 e che verrà richiesto lo stesso trattamento anche per gli altri periodi. «Il padre, a seguito della separazione e del successivo divorzio, si è sempre disinteressato di tutte le esigenze della propria famiglia, non curandosi in alcun modo delle difficoltà a cui ha dovuto far fronte la donna, né di onorare quanto stabilito in sede di separazione prima e divorzio poi». Oltre a non aver corrisposto gli alimenti pattuiti, infatti, l’uomo non ha adempiuto neanche al pagamento delle rate del mutuo a lui intestate di un appartamento di cui è comproprietario con la moglie e in cui la donna abitava insieme ai figli. «Questo ha portato allo sfratto della donna e dei ragazzi, che sono stati costretti per un paio di giorni a dormire in macchina, prima di trovare un alloggio in affitto», continua Ludovici. «È terribile vedere che un padre si sottrae ripetutamente a quelli che sono i propri obblighi, prima ancora che giuridici, di natura morale, contravvenendo, in questo modo, sia a quanto stabilito in sede giudiziale con provvedimento emanato a suo tempo dal tribunale civile, sia anche alle più elementari regole sancite dalla nostra Carta Costituzionale. Per non parlare poi di quelle che sono state le mancanze affettive, morali e assistenziali che la famiglia ha dovuto sopportare a causa della sua latitanza. La sentenza dei giorni scorsi ha ripagato dello sforzo la madre, la quale con tenacia, determinazione e grande dignità, è riuscita a fare in modo che venissero riconosciuti sia i propri diritti che quelli dei suoi figli».
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