Tasse, il ministro Amendola:  «Così salveremo le imprese» 

Il responsabile del dicastero per gli Affari europei fa il punto sulla questione della restituzione «Abbiamo sbloccato una situazione di stallo pericolosa, l’obiettivo è minimizzare l’impatto»

L’AQUILA. Il tema della restituzione delle tasse è al centro della visita in città del ministro per gli Affari europei, Vincenzo Amendola, che ha rilasciato al Centro l’intervista che segue.
«Sarò all’Aquila per una vicenda che penso sia importante per la città e la regione: il desiderio di condividere con i rappresentanti delle aziende e delle istituzioni i progressi che abbiamo compiuto in questi mesi sul tema decisivo e delicato della procedura di recupero degli aiuti di stato per le aziende abruzzesi post-terremoto del 2009.
Avete ottenuto qualche risultato importante?
«Parto da cosa abbiamo trovato a settembre scorso, quando è iniziata questa esperienza di governo: una situazione di stallo. La decisione di recupero della Commissione non era stata eseguita, nessuna possibile soluzione era all’orizzonte. Tutto questo creava una situazione di grave incertezza per le aziende abruzzesi coinvolte. Se si fosse protratta quella situazione di stallo, il rischio era l’apertura di una procedura di infrazione nei confronti del nostro paese, con ulteriori danni e il prolungamento di questa inutile e dannosa incertezza».
Qual è stato l’obiettivo che vi siete posto?
«L’obiettivo è stato innanzitutto quello di minimizzare l’impatto della procedura di recupero sulle aziende abruzzesi. Si tratta di centinaia di imprese che vanno aiutate e sostenute perché, insieme ad altre, rappresentano il motore dello sviluppo e del rilancio di una regione che, purtroppo, non ha ancora completamente lasciato alle sue spalle gli effetti devastanti del terribile sisma del 2009. Non potevamo abbandonarle. A fianco a questo l’esigenza di rispettare la decisione presa nel 2015 della Commissione per evitare ulteriori conseguenze negative».
Come siete riusciti a raggiungere questi progressi?
«Innanzitutto con il metodo giusto. Non si va in Europa a sbattere i pugni sul tavolo, ma per negoziare, portare argomentazioni, illustrare proposte. Questo è quanto abbiamo fatto negli ultimi mesi con un forte investimento politico e un lavoro incessante, quotidiano. Dai primi di ottobre a oggi siamo stati in stretto raccordo con la Commissione. Abbiamo compiuto due missioni ad hoc a Bruxelles, organizzato call con i servizi della Commissione, sottolineando sempre come l’individuazione di una soluzione a questo dossier fosse una delle priorità del governo. In parallelo ci siamo tenuti in contatto con i rappresentanti delle categorie produttive abruzzesi: i loro suggerimenti e valutazioni sono stati determinanti per incanalare il percorso nella giusta direzione».
Quale il risultato conseguito e a che punto è la partita del recupero?
«Il risultato lo illustreremo ai rappresentanti delle aziende. Sta a loro valutare se quello che abbiamo raggiunto rappresenta una soluzione positiva. Noi abbiamo fatto il nostro lavoro e pensiamo di essere riusciti nell’intento. Sicuramente, rispetto alla situazione precedente, alle proroghe dei termini prive di ogni possibile soluzione, abbiamo compiuto un enorme passo in avanti. Se il risultato, come mi auguro, sarà buono si tratterà comunque di un successo di squadra, raggiunto grazie all’impegno del mio Ministero, della Rappresentanza Permanente a Bruxelles, all’attenzione incessante dei parlamentari e delle istituzioni locali e, infine, dei rappresentati delle categorie produttive le cui valutazioni e suggerimenti sono state fondamentali. La cosa fondamentale, ribadisco, è stato il metodo. Essere presenti a Bruxelles, discutere e proporre è l’unico modo efficace per tutelare in Europa gli interessi dei nostri cittadini e delle nostre imprese. Gli slogan facili, al contrario, fanno forse guadagnare qualche consenso o, al limite, qualche like ma lasciano i problemi irrisolti. Chi, alla fine, ne paga le conseguenze sono tuttavia i nostri concittadini. Il nostro lavoro è risolvere i problemi o quantomeno impegnarsi per farlo e non la ricerca del consenso facile».
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