Telefonini per i boss, arrestato agente 

De Santis fermato dai colleghi della polizia penitenziaria mentre sta per prendere servizio, in tasca tre microcellulari 

SULMONA. Lo tenevano d’occhio da tempo e quando ieri mattina è arrivato all’ingresso del carcere per prendere lavoro i suoi colleghi sono andati a colpo sicuro: nelle tasche del poliziotto penitenziario hanno trovato tre microcellulari, più uno personale. Subito sono scattate le manette. È stato arrestato in flagranza di reato Massimo De Santis, 53enne, originario di Campobasso ma da 15 anni residente a Sulmona. Davanti ai colleghi, l’agente penitenziario ha cercato di giustificarsi respingendo ogni addebito, ma non è stato creduto e dopo le formalità di rito è stato rinchiuso in una cella del carcere in attesa dell’udienza di convalida che dovrebbe tenersi oggi o al massimo domani, davanti al gip del tribunale di Sulmona. I microcellulari erano presumibilmente destinati a qualche detenuto, anche boss di organizzazioni criminali.
LE INDAGINI
Le indagini della Procura, guidate dal sostituto procuratore Stefano Iafolla, sono state avviate già dall’ottobre scorso quando un detenuto fu scoperto in possesso di tre microcellulari. Da allora, in collaborazione con la direzione del carcere, sono stati intensificati i controlli, ma anche i contatti con i detenuti alla ricerca di qualche “gola profonda” che potesse segnalare le modalità con cui venivano reperiti i microcellulari. La Procura conta di scoprire molte cose anche dall’interrogatorio al quale sarà sottoposto l’arrestato: De Santis potrebbe fornire molti particolari sulla vicenda e sul mercato dei telefonini, qualora decidesse di collaborare con la giustizia di cui fa parte da molti anni. Da ieri mattina, oltre all’inchiesta della Procura, il direttore del carcere Stefano Liberatore ne ha avviato una disciplinare interna. Anche se l’obiettivo principale è scoprire la portata del fenomeno e se, all’interno del carcere di via Lamaccio, il più grande d’Abruzzo, esistono eventuali collaborazioni tra gli agenti e i detenuti.
I PRECEDENTI
Era il 25 ottobre quando nel corso di una perquisizione un detenuto fu sorpreso in possesso di tre cellulari. Una volta scoperto si rifiutò di consegnarli agli agenti, aggredendone quattro e poi un quinto intervenuto in soccorso dei colleghi. Uno degli agenti venne colpito con un pugno perdendo i sensi, mentre gli altri quattro riportarono escoriazioni e contusioni. E, ancora, due mini cellulari nascosti nei tubetti per la schiuma da barba destinati a un boss detenuto nel carcere di Sulmona vennero scoperti nel luglio 2020 dagli agenti della polizia penitenziaria. Due micro telefoni della lunghezza di 6,5 centimetri e larghi 2,5. Non è stato facile scoprirli visto che i cellulari erano ben occultati nella particolare confezione che era destinata a un boss salernitano dell’organizzazione criminale del Cilento, che li avrebbe utilizzati per comunicare con l’esterno. Un fenomeno, quello dei microcellulari destinati ai detenuti, che sta coinvolgendo numerose carceri, tra questi anche quelli di Chieti e di Teramo. A Chieti furono scoperti durante le operazioni di perquisizione ordinaria del Reparto detentivo reclusi comuni. Gli agenti della penitenziaria, insospettiti dalle viti delle cerniere lievemente svitate di un armadietto in uso ai reclusi, hanno effettuato un accurato controllo togliendo completamente le piastre delle cerniere dell’anta e, sotto la stessa, hanno rinvenuto, in un incavo appositamente fatto, un microtelefono cellulare.
INCHIESTA secretata
Con l’arresto di Sulmona potrebbe emergere più di una falla nel sistema di sicurezza. Motivo per cui l’inchiesta è stata secretata.
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