Terremoto, solo 72 domande per le case distrutte

Il presidente Ance: emergenza finita, ripristinare le regole. Ventimila gli edifici di tipo E, ricostruzione pesante paralizzata. La Protezione civile ai tecnici «Gli strumenti ci sono Se l’abitazione è recente si può partire coi lavori»

L’AQUILA. Settantadue domande su ventimila edifici con danni strutturali e quindi classificati E. A nove mesi dal terremoto la ricostruzione pesante è alla paralisi totale. Certo, per presentare le perizie per la ristrutturazione sostanziale degli edifici semidistrutti dal sisma non c’è termine perentorio né scadenza. Ma in attesa dell’ordinanza sui centri storici la fase due non è ancora partita. Tanto che molti studi professionali sono ancora alle prese con le domande per le B e le C. Quelle dei ritardatari ma, soprattutto, quelle inoltrate nei termini ma da integrare.

SETTANTADUE. Il dato, nella sua esiguità, mette a nudo tutti i problemi che si stanno vivendo in questi giorni all’Aquila e negli altri centri del cratere colpiti dal terremoto. E anche se la Protezione civile sottolinea che il numero di domande complessivamente attese dagli uffici è destinato a ridursi in maniera significativa rispetto al conteggio complessivo degli edifici, in considerazione degli aggregati e anche degli stabili composti da più unità abitative, il dato resta ugualmente allarmante. Le abitazioni classificate E, del resto, rappresentano il 25 per cento del totale degli edifici privati e il 17,3 per cento del totale di quelli pubblici. Una grossa fetta del patrimonio abitativo edilizio cittadino che necessita di interventi urgenti e, in aggiunta, non leggeri, in quanto si tratta di edifici seriamente danneggiati.

Tuttavia, l’incertezza degli strumenti normativi e della consistenza delle risorse economiche da destinare a questo importantissimo capitolo della rinascita della città continua a frenare la ricostruzione. Le 72 domande presentate parlano da sole. «Con ogni probabilità», fa osservare un ingegnere aquilano, «si tratta di perizie relative ad abitazioni classificate come E ma, di fatto, trattabili come se fossero delle B». Insomma, situazioni non particolarmente compromesse e, quindi, assimilabili a una categoria inferiore. Ma sui casi seri ancora non si è mosso nessuno. «Stiamo aspettando di avere gli strumenti necessari per poter cominciare a lavorare».

«SI PUÒ PARTIRE». La Protezione civile, tuttavia, è di diverso avviso. Il professor Mauro Dolce, direttore dell’ufficio sismico e responsabile del procedimento per il progetto Case, indica ai professionisti la strada da imboccare per avviare la ricostruzione pesante. «Il discorso delle case E va affrontato in maniera chiara», sostiene Dolce. «Va innanzitutto precisato che se si tratta di edifici di recente costruzione, e che quindi non sono sottoposti ad alcun tipo di vincolo, gli strumenti per avviare la ricostruzione ci sono già tutti. Certamente questo non si direbbe, almeno a giudicare dal numero di domande finora presentate all’ufficio di Fintecna.

Tutte domande che, va detto anche questo, sono state già elaborate e trattate. Accanto a questi casi più semplici vi sono anche quelli che prevedono tempi più lunghi ma comunque si può già cominciare a lavorare». Tutto si complica, poi, se l’edificio classificato E si presenta come un aggregato di più corpi contigui e, magari, anche con qualche dozzina di proprietari da mettere d’accordo. In questo caso scatta il meccanismo dell’aggregato edilizio, del consorzio tra proprietari e dell’incarico da affidare al professionista scelto per progettare il rifacimento dell’immobile danneggiato. Una procedura, questa, che spaventa molti, sia tra i proprietari sia tra i professionisti stessi.

L’ORDINANZA. Intanto si aspetta l’ordinanza per rifare i centri storici, visto che molti di questi edifici così danneggiati sono «dentro le mura». Come fare? «L’ordinanza in questione arriverà in tempi brevi», assicura ancora il professor Dolce. «Tuttavia, è necessario fare una distinzione. Da un lato, infatti, vi è il progetto strutturale che riguarda un aggregato come un insieme di edifici collegati e in continuità tra di loro. Dall’altro lato c’è il riassetto urbanistico dei centri storici, dove c’è la necessità di migliorare la parte infrastrutturale dei servizi collettivi (acqua, fogne, rete elettrica). L’intervento strutturale è indipendente. Chi ha una casa E deve incaricare un progettista di valore che possa procedere innanzitutto alla valutazione dei materiali». È in arrivo una circolare che fissa il tetto massimo del contributo per effettuare le indagini sperimentali su terreni, strutture e materiali degli edifici.