«Via i capelli, Masha vive» Studentesse vicine all’Iran 

Al corso di Biochimica commemorata la ragazza diventata simbolo della rivolta Prima lezione col taglio di una ciocca, raccolto l’invito della professoressa Pitari

L’AQUILA. Un gesto simbolico. Forte. Per dire ai ragazzi di Teheran “siamo con voi”. Il corso di Biochimica dell’Università dell’Aquila ieri mattina è iniziato con un minuto di raccoglimento in memoria di Masha Amini e il taglio di una ciocca di capelli. A promuovere l’iniziativa è stata la professoressa, Giusi Pitari, che ha chiesto di ricordare così una coetanea dei suoi allievi barbaramente uccisa in Iran. Uccisa appunto per una ciocca di capelli che usciva dal velo, e diventata simbolo delle lotte per un Iran diverso, libero dalla dittatura teocratica degli ayatollah che schiaccia il Paese da l oltre quarant’anni.
«Di solito in occasione della prima lezione dell’anno parlo del premio Nobel, che viene assegnato proprio in questi giorni», racconta la docente, «stavolta però ho detto che non avremmo parlato del Nobel, e ho invitato invece la classe a un minuto di raccoglimento in memoria di Masha. Dopodiché mi sono tagliata una ciocca di capelli e ho invitato a fare lo stesso chi se la sentiva. Ho ringraziato i ragazzi e poi abbiamo iniziato la lezione, anche parlando del Nobel».
A prendere in mano le forbici sono stati in tanti, compreso qualche ragazzo. Un momento toccante, che non è passato inosservato all’esterno. L’iniziativa ha trovato presto il consenso della stessa Università dell’Aquila, che «ha rilanciato sui propri canali social le foto che avevo pubblicato sui miei profili», dice ancora Pitari, «ma già appena uscita da lezione ho incontrato altri colleghi e studenti che mi hanno detto che avrebbero fatto lo stesso. Alcuni si sono immortalati e hanno condiviso la foto, i ragazzi dell’ufficio comunicazione dell’Università mi hanno contattato per dirmi che lo avrebbero fatto anche loro». Tra le tante, c’è stata una ragazza in particolare che ha colpito la professoressa: «Non sapevo neanche che nella classe ci fosse una ragazza egiziana: si è tagliata una ciocca anche lei, senza togliersi il velo, e ha condiviso il video su Instagram».
Quando ha pensato a un’iniziativa del genere? «In questi giorni, guardando la televisione, ho capito che dovevo fare qualcosa. In Iran chi cerca di manifestare viene malmenato brutalmente, mette a repentaglio la propria vita. Ma lo fa ugualmente. A maggior ragione penso che dobbiamo manifestare noi che qui godiamo di maggiori libertà. Penso sia importante per tutti, a maggior ragione perché nella mia classe gli studenti hanno grossomodo la stessa età di Masha».
Dall’aula di Biochimica al resto dell’Università dell’Aquila il passo è stato breve. Come può esserlo da qui ad altre università, per far diventare virale un gesto piccolo ma forte di solidarietà e di vicinanza ai ragazzi di Teheran: «Ho pensato che fosse giusto fare un gesto che partisse dal basso», conclude la professoressa, «mi auguro che questa sia un’onda che, partendo dall’Aquila, coinvolga tante altre università: se il gesto di una persona diventa il gesto di cento persone, allora può partire un’onda di solidarietà per i chi è altrove».
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