Castello Chiola, battaglia legale per gli arredi da 6 milioni di euro 

Per il giudice si tratta di beni in abbandono: vanno alla società che ha acquisito l’antico edificio Ma la Lauretum hotels li rivuole e fa ricorso: impossibilitati ad asportarli per il poco tempo concesso

LORETO APRUTINO. È destinata ad avere un seguito legale l’aggiudicazione del Castello Chiola di Loreto Aprutino (appartenuto fino a qualche giorno fa alla società Lauretum Hotels spa), che era stato prima oggetto di pignoramento immobiliare e, successivamente, assegnato all'unica società che partecipò all’asta, la società “Elisa srl” amministrata da Nicola Di Sipio.
Un immobile di grande valore culturale non solo per Loreto e che la “Elisa srl” si è assicurato per 2 milioni e 100 mila euro, a fronte di un valore che si aggirerebbe sugli 8 milioni di euro. Ma il problema che ne è nato riguarda soprattutto il possesso dei beni mobili presenti nel Castello, che hanno un valore di circa 6 milioni di euro stando a quanto sostiene la Lauretum Hotels i cui interessi vengono rappresentati dagli avvocati Alessandro e Andrea Mastrodomenico. Beni che peraltro non sono mai entrati nel pignoramento e quindi sono rimasti sempre in possesso della società esecutata. Ebbene, con una decisione lampo, il giudice delle esecuzioni immobiliari, Federica Colantonio, qualche giorno fa ha concluso la procedura esecutiva e disposto il decreto di trasferimento di diritti immobiliari, senza concedere alla Lauretum nessun termine a difesa (all’udienza del 18 luglio scorso), riservandosi di decidere in merito all’opposizione proposta dalla Lauretum.
Decisione che è stata notificata due giorni dopo, il 20 luglio scorso. Da qui il reclamo dei legali della Lauretum Hotels proposto al presidente del tribunale, per chiedere la sospensione del decreto di assegnazione o comunque la convocazione delle parti per dirimere soprattutto la questione dei beni presenti nel Castello. Beni che negli atti vengono definiti in “abbandono” perché mai ritirati dalla proprietà e che quindi per legge passano a chi si è aggiudicato l’asta.
Ma la controversia sta proprio qui, nel fatto che la volontà di rientrare in possesso di quei beni è stata espressa più di una volta da parte della Lauretum, attraverso un ampio carteggio con il giudice delle esecuzioni e la professionista delegata dal giudice. «Beni di estremo valore economico e storico-culturale», come scrivono gli avvocati Mastrodomenico nel ricorso, «risalenti alcuni di loro al XVII e XVIII secolo». Ci sarebbero preziosi arazzi, quadri importanti come tele di Cascella e mobili di pregio ai quali la Lauretum non ha mai rinunciato, ma è «stata oggettivamente impossibilitata a procedere al loro asporto» per il poco tempo concesso dal giudice.
«D’altronde», si legge sempre nel ricorso, «successivamente allo spirare del termine di 60 giorni concesso nell’ordinanza di liberazione, decorrente vieppiù nel periodo di agosto e settembre 2022, è stato impedito ogni accesso alla struttura da parte del professionista delegato, per la rimozione dei beni mobili presenti»: operazione per la quale è necessario l’intervento di specialisti «al fine di garantire l’integrità dei citati beni, stante l’ingente valore artistico e la particolare delicatezza degli stessi». E comunque, oltre alla questione dei beni non oggetto di pignoramento presenti nel Castello, la Lauretum Hotels ricorre adesso anche contro il rigetto dell’opposizione agli atti esecutivi, chiedendo l’annullamento di tutta la procedura per una questione tecnica: per la «mancata notifica e/o comunicazione dell’avviso di vendita e dell’ordinanza del 20 dicembre 2022 alla debitrice esecutata».
Nel ricorso si parla anche di un «grave pregiudizio al diritto di difesa della società odierna reclamante la quale, nonostante abbia fatto motivata ed espressa richiesta di concessione di un termine a difesa a verbale d’udienza, si è vista negare ogni effettiva e concreta possibilità di replica a quanto dedotto dalla società “Elisa srl” e dalla creditrice procedente, che sono divenute visibili nel fascicolo telematico soltanto, rispettivamente il giorno prima e nel momento stesso dell'udienza suddetta». La parola ora spetta al presidente del tribunale.
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