«Ci lasciamo alle spalle un dolore terrificante» 

Il racconto al Centro del pescarese Di Giovanni, salvo con due colleghi

«Un'esperienza terribile, che porterò dentro di me per sempre. Sono finalmente a casa, con la mia famiglia, ma il pensiero torna lì, in Turchia. A quei bambini che piangevano scalzi, ai feriti ammassati in aeroporto, agli uomini e alle donne che, pur avendo perso tutto, si davano da fare per aiutare i loro connazionali. Crolli e macerie ovunque. Il senso di inquietudine non mi abbandona: so di aver lasciato una situazione disastrosa».
Il giorno dopo il rientro in Abruzzo, il pescarese Luigi Di Giovanni, 50 anni, sorpreso nel sonno dal devastante terremoto di magnitudo 7,5 con epicentro a Ekimozu in Turchia, si commuove nel raccontare quei terribili momenti. Alloggiava dal 9 gennaio all'hotel Dedeman di Gaziantep insieme ai colleghi Davide Tini, 24 anni, di Silvi Marina e Antonio Torelli, 44 anni di Miglianico, tutti dipendenti dell'azienda Diatec Andritz di Collecorvino: una missione di lavoro che si è trasformata in un incubo. È stata proprio l'azienda abruzzese a coordinare le operazioni di rientro in Italia dei tre tecnici.
IL RITORNO A CASA.
Luigi, Davide e Antonio sono atterrati a Roma intorno alle 23 di mercoledì sera. Da lì hanno affittato una macchina per tornare a casa in Abruzzo: sono arrivati a Pescara intorno alle 3 di notte. Luigi ci fornisce una foto che li ritrae all'arrivo in aeroporto: visibilmente stanchi, zaini in spalla e un sorriso appena accennato sulle labbra.
«Mettere piede in Italia è stato liberatorio, ma non una felicità piena», afferma Di Giovanni, «siamo tornati a casa e questa è la cosa più importante, ma non è finita. Sono consapevole di quello che sta accadendo nelle zone terremotate. Quello che abbiamo vissuto è dilaniante: molte persone che abbiamo conosciuto per lavoro si trovano ancora lì, in piena emergenza. Eravamo in una zona al confine con la Siria, dove si vive in modo modesto, non conforme ai nostri standard. Lì trovano accoglienza molti rifugiati dalla Siria, un Paese in guerra. Il terremoto ha sommato devastazione su devastazione».
L'ABBRACCIO LIBERATORIO.
Luigi aveva lasciato a Pescara l'intera famiglia: la moglie e i due figli, Marta e Simone. Quando ha aperto la porta di casa, in piena notte, ha trovato tutti ad aspettarlo svegli.
«Ci siamo stretti in un lungo abbraccio liberatorio», racconta, «niente parole, solo qualche lacrima. Con la mia famiglia sono rimasto costantemente in contatto: ci facevamo coraggio a vicenda, nella speranza di rientrare al più presto. Speravamo di partire subito, ma i tempi si sono allungati. La Farnesina ci diceva di avere pazienza e di non avventurarci: eravamo stati persino inseriti in un gruppo whatsapp, tramite il consolato di Ankara, insieme ad altri italiani che erano in zona. L'Unità di crisi della Farnesina ci aveva raccomandato di non muoverci, di restare al sicure in hotel, in quanto non avevano certezze sulla percorribilità delle strade e sulla situazione nell'intero Paese. Ma noi ci siamo avventurati e abbiamo preso un taxi. Un rischio calcolato: dovevamo partire e farlo subito».
VIAGGIO ESTENUANTE.
Più di 30 ore di viaggio, in taxi e in aereo. E lunghissime attese negli aeroporti, tra voli cancellati e prenotazioni saltate.
«Siamo partiti martedì scorso alle 13,30, le 11,30 in Italia, da Gaziantep per raggiungere Adana, la città più vicina dove l'aeroporto era attivo. Abbiamo impiegato nove ore, perché l'autostrada era parzialmente danneggiata e siamo stati costretti a fermarci più volte. È stato possibile raggiungere Adana grazie ad un tassista che si è reso disponibile ad accompagnarci. All'aeroporto siamo arrivati alle 22,30», prosegue Di Giovanni, «da lì saremmo dovuti decollare alle 5,40 del mattino per Istanbul, ma l'aereo è partito solo alle 7».
Arrivati nella grande città turca, ancora un ostacolo: il volo è stato cancellato e i tre tecnici abruzzesi hanno dovuto cambiare aeroporto. Solo alle 21 di mercoledì, le 19 in Italia, sono riusciti a prendere l'aereo per Roma, dopo un viaggio di quasi due giorni.
«TORNERò IN TURCHIA».
«In questi giorni abbiamo dormito pochissimo», spiega Di Giovanni, «la hall dell'albergo si è trasformata, presto, in un rifugio comune. Ci distribuivano tre pasti al giorno e questo era già tanto. Quanto al rientro in Italia dobbiamo dire grazie soprattutto all'azienda che ha organizzato gli spostamenti e prenotato i biglietti».
Mentre racconta l'odissea vissuta, Luigi fa lunghe pause. La voce, a tratti, si rompe mentre l'emozione stringe la gola. «Tornerò presto in Turchia», dice, «è una zona dove lavoriamo. Da abruzzesi abbiamo rivissuto il dramma del terremoto dell'Aquila: quando la città è stata distrutta, tutto l'Abruzzo è stato colpito al cuore. In questa tragedia mi sento fortunato, ma ci vorrà del tempo per ritrovare la serenità».
IL RUOLO DELLL'AZIENDA.
Ettore Paolini è il direttore generale dello stabilimento Diatec Andritz di Collecorvino. A Gaziantep e nelle città limitrofe è stato più di 50 volte per lavoro. «In zona abbiamo tanti clienti», afferma, «appena appresa la notizia del terremoto ci siamo attivati mettendo a disposizione tutta la logistica. Ha coordinato gli interventi Raffaele Del Grosso, service manager della Diatec, che si è avvalso della collaborazione di persone del posto, che gestiscono le attività di vendita dell'azienda, per programmare e organizzare gli spostamenti. Siamo stati fortunati: Luigi, Davide e Antonio alloggiavano in un albergo di recente costruzione, che ha retto bene al sisma. Siamo in contatto, e molto vicini, ai nostri partner commerciali in Turchia. Daremo tutto il nostro supporto: in futuro ci sarà la necessità di riavviare gli impianti e di altri interventi tecnici. Non ci tireremo indietro».
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