Covid, l’Iss avverte l’Abruzzo: «Siete in fascia ad alto rischio» 

Casi e focolai in aumento, il rapporto dell’Istituto superiore di Sanità mette in guardia la Regione E ammonisce: ben 24 contagi su cento sfuggono a ogni controllo. Salgono a 33.471 i malati attivi

PESCARA. Casi e focolai in aumento e una classificazione di rischio «alta», con presenza di «molteplici allerte di resilienza».
È quanto emerge per l’Abruzzo nel monitoraggio settimanale del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità, relativo al periodo 26 settembre-2 ottobre. Dall’analisi emerge che l’indice Rt è salito a 1,01, superando la soglia di rischio. Inoltre il monitoraggio rileva che solo nel 76% dei casi è stata «effettuata una regolare indagine epidemiologica con ricerca dei contatti stretti/totale di nuovi casi di infezione conferma».
In rapido aumento l’incidenza settimanale dei contagi per centomila abitanti, che è a 603,8, contro un dato pari a 461,3 nella settimana precedente e a 327,5 di due settimane fa. Solo il tasso di occupazione dei posti letto – allo 0% per le terapie intensive e al 10,6% per l’area medica – resta lontano dai livelli di allerta.
IL NUOVO BOLLETTINO. Sono 1.053 i nuovi casi di Covid-19 accertati nelle ultime 24 ore in Abruzzo. Sono emersi dall’analisi di 994 tamponi molecolari e 4.583 test antigenici: il tasso di positività è pari al 18,88%. Non si registrano decessi. In rapido aumento i ricoveri in area medica, mentre sono vuote ormai da tre giorni le terapie intensive. Gli attualmente positivi sono 33.471 (+511): 159 pazienti (+12) sono ricoverati in ospedale in area medica, mentre i restanti sono in isolamento domiciliare.
Il totale dei casi sale a 567.179: 115.078 sono residenti o domiciliati in provincia dell’Aquila (+240), 162.129 in provincia di Chieti (+285), 133.284 in provincia di Pescara (+294), 135.762 in provincia di Teramo (+221). Le città con più casi recenti: Pescara 86, L’Aquila 81, Chieti 45, Montesilvano 42, Teramo 36, Lanciano 24 e Ortona 23.
LA FONDAZIONE GIMBE. A lanciare l’allarme c’è anche la Fondazione Gimbe che dal 1996 favorisce la diffusione e l’applicazione delle migliori evidenze scientifiche e che, da quando è iniziata la pandemia causata dal Covid-19, fornisce una tempestiva e costante informazione sull’emergenza.
«La netta ripresa della circolazione virale», sottolinea il presidente Nino Cartabellotta, «coinvolge l’intero territorio nazionale e sta già facendo sentire i suoi effetti sui ricoveri in area medica e, in misura minore, in terapia intensiva.
All’inizio di questa nuova ondata la preoccupazione è forte per vari fattori: la campagna vaccinale è sostanzialmente ferma, la copertura della quarta dose per anziani e fragili non decolla, la stagione influenzale è in arrivo e sui mezzi pubblici si è detto addio all’obbligo di mascherina».
«Ma ancor di più», continua, «inquieta l’assenza di un piano di preparazione per la stagione autunno-inverno: la circolare del Ministero della Salute con le indicazioni per la gestione dell’epidemia, che pareva di imminente pubblicazione, è stata ingiustificatamente bloccata dimostrando che in questa fase di transizione istituzionale l’opportunismo politico prevale sulla tutela della salute pubblica».
«E nell’attesa che il nuovo Esecutivo sia pienamente operativo, si sta concretizzando il rischio dell’ennesima corsa all’inseguimento del virus che compromette la salute e la vita delle persone più fragili e ritarda l’assistenza sanitaria per i pazienti con altre patologie. Ecco perché la Fondazione Gimbe chiede al ministro di pubblicare subito la circolare sulla gestione pandemica e ribadisce le 5 azioni fondamentali raccomandate dall’Oms Europa: aumentare le coperture vaccinali (con tre dosi) nella popolazione generale; offrire la quarta dose alle persone a rischio dopo 120 giorni dalla somministrazione della terza; promuovere l’utilizzo delle mascherine al chiuso e sui mezzi pubblici; aerare gli spazi pubblici affollati, come scuole, uffici, bar e ristoranti, mezzi di trasporto pubblico; applicare rigorosi protocolli terapeutici per le persone a rischio di malattia grave», conclude Cartabellotta. (l.c.)