De Leonibus, il giudice dice no alla richiesta di tornare in cantiere 

Il gip respinge la richiesta dell’imprenditore angolano, ai domiciliari come l’ex dirigente Trisi «Potrebbe continuare a coltivare rapporti con gli enti pubblici, come faceva prima della misura»

PESCARA. L’imprenditore Vincenzo De Leonibus, coinvolto insieme al dirigente Fabrizio Trisi nello scandalo degli appalti pilotati al Comune di Pescara deve restare agli arresti domiciliari. Lo ha stabilito il gip Fabrizio Cingolani che ha rigettato l’istanza avanzata dai legali dell’indagato (gli avvocati Sergio Della Rocca e Augusto La Morgia) che chiedevano di consentire a De Leonibus, imprenditore destinatario di una corsia preferenziale per gli appalti in Comune, di andare ogni giorno sui cantieri per seguire e «impartire gli ordini necessari per la prosecuzione delle opere appaltate alla società “De Leonibus Costruzioni srl”, risultando tali lavori di alta complessità per i neo eletti rappresentanti della società stessa». Il problema, secondo il giudice, starebbe proprio nel fatto che De Leonibus, finito in carcere insieme a Trisi e due spacciatori di cocaina (che veniva consumata regolarmente nella “Tana delle tigri” e non solo dai principali personaggi coinvolti nell'inchiesta), venne posto ai domiciliari (come Trisi e gli altri due arrestati) proprio per aver ceduto il passo in società ad altri amministratori, rinunciando a ogni carica. «Ritenuto che il pubblico ministero (l’inchiesta è nelle mani dei pm Anna Benigni e Luca Sciarretta ndr) ha espresso parere contrario all’accoglimento dell'istanza», scrive il gip, «sul presupposto dell’intervenuta richiesta di misura interdittiva nei confronti della stessa società e per il ruolo ancora rilevante del De Leonibus all’interno della medesima compagine societaria e che si tratta, almeno per due lavori su tre, di appalti assegnati dai Comuni di Città Sant’Angelo e Penne». Insomma, per il giudice una richiesta del genere potrebbe «aggravare le attuali esigenze cautelari, consentendo all’ex amministratore della società di continuare a coltivare rapporti con gli enti pubblici alla stessa stregua di come faceva prima della misura cautelare, con alto pericolo di reiterazione del reato».
E il gip si sorprende della richieste della difesa in quanto l’unico presupposto per la concessione dei domiciliari dopo il carcere risiedeva proprio sul fatto che De Leonibus diede le dimissioni dalla carica di amministratore, «circostanza che avrebbe consentito di evitare che l’indagato potesse commettere reati analoghi proseguendo nella gestione della società, attuando le modalità corruttive precedentemente poste in essere anche nei confronti di altri soggetti; invece», conclude il gip Cingolani, «consentendo all’indagato di recarsi quotidianamente sui cantieri per verificare l’andamento dei lavori, il rischio di reiterazione del reato aumenterebbe rispetto alla situazione attuale». Ma la verità risiede anche nel fatto che la procura sta ancora indagando su questo scandalo che ha creato un vero terremoto politico a Palazzo di città per la contestata gestione dei lavori pubblici, servizio di primaria importanza per l’Ente e per la città. Molti sono ancora gli accertamenti in corso da parte di procura e guardia di finanza su un’altra lunga serie di lavori affidati con lo stesso sistema della “massima urgenza”, dall’ex dirigente Trisi ad altre imprese ora al vaglio dei magistrati.