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Delitto Jennifer, il 18 settembre l’ultimo atto
La Cassazione si pronuncerà sul ricorso dell’assassino, l’ex fidanzato, condannato a 30 anni di carcere
PESCARA. Si terrà a prossimo 18 settembre il processo in Cassazione sulla vicenda giudiziaria riguardante la morte di Jennifer Sterlecchini, la 26enne uccisa con 17 coltellate la mattina del 2 dicembre 2016 dal suo ex fidanzato, Davide Troilo, ascensorista di 35 anni.
L'udienza inizialmente doveva tenersi l’8 aprile scorso, ma a causa dell’emergenza coronavirus è stata rinviata a settembre. Troilo il 24 gennaio del 2108 era stato condannato, tramite rito abbreviato, dal gup del tribunale di Pescara, Nicola Colantonio, a 30 anni di reclusione per omicidio volontario aggravato dai futili motivi. Condanna poi confermata il 14 marzo scorso dalla Corte d’Assise d'appello dell'Aquila. A fare ricorso ai giudici di piazza Cavour contro la conferma della sentenza emessa dal giudice di prime cure è stato il difensore del 35enne, l’avvocato Giancarlo De Marco, che sostanzialmente pone all'attenzione della Suprema Corte le questioni già sollevate in appello.
Il ricorso ai giudici romani, che dovranno pronunciarsi sugli aspetti più strettamente tecnici e di legittimità della sentenza di secondo grado, ruota dunque attorno all’insussistenza dell'aggravante dei futili motivi, alla mancata concessione delle attenuanti generiche e al mancato accoglimento della richiesta di una nuova perizia psichiatrica sulla capacità di intendere e volere di Troilo. Jennifer, giovane donna con il sogno di andare in Spagna, venne uccisa dall'ex fidanzato nella casa di via Acquatorbida, dove i due avevano vissuto. Ma la relazione finì e quella fredda mattina autunnale di quattro anni fa la ragazza tornò in quell'appartamento solo per riprendere le ultime cose e trasferirsi definitivamente in casa della madre, che la stava aspettando in strada insieme a un'amica. Ma il suo assassino non le permise di andare via e la colpì con 17 coltellate, dietro la porta di ingresso chiusa a chiave, spezzando tragicamente la sua vita e tutti i suoi sogni di ragazza.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
L'udienza inizialmente doveva tenersi l’8 aprile scorso, ma a causa dell’emergenza coronavirus è stata rinviata a settembre. Troilo il 24 gennaio del 2108 era stato condannato, tramite rito abbreviato, dal gup del tribunale di Pescara, Nicola Colantonio, a 30 anni di reclusione per omicidio volontario aggravato dai futili motivi. Condanna poi confermata il 14 marzo scorso dalla Corte d’Assise d'appello dell'Aquila. A fare ricorso ai giudici di piazza Cavour contro la conferma della sentenza emessa dal giudice di prime cure è stato il difensore del 35enne, l’avvocato Giancarlo De Marco, che sostanzialmente pone all'attenzione della Suprema Corte le questioni già sollevate in appello.
Il ricorso ai giudici romani, che dovranno pronunciarsi sugli aspetti più strettamente tecnici e di legittimità della sentenza di secondo grado, ruota dunque attorno all’insussistenza dell'aggravante dei futili motivi, alla mancata concessione delle attenuanti generiche e al mancato accoglimento della richiesta di una nuova perizia psichiatrica sulla capacità di intendere e volere di Troilo. Jennifer, giovane donna con il sogno di andare in Spagna, venne uccisa dall'ex fidanzato nella casa di via Acquatorbida, dove i due avevano vissuto. Ma la relazione finì e quella fredda mattina autunnale di quattro anni fa la ragazza tornò in quell'appartamento solo per riprendere le ultime cose e trasferirsi definitivamente in casa della madre, che la stava aspettando in strada insieme a un'amica. Ma il suo assassino non le permise di andare via e la colpì con 17 coltellate, dietro la porta di ingresso chiusa a chiave, spezzando tragicamente la sua vita e tutti i suoi sogni di ragazza.
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