Discariche abusive, stangata sui Comuni 

Il Tar Lazio respinge i ricorsi dei sindaci abruzzesi contro l’azione di rivalsa del Governo che ha pagato la maxi sanzione Ue

PESCARA. Una batosta di grandi proporzioni rischia di abbattersi sui comuni abruzzesi. Sono quelli dove si trovano le famose discariche abusive finite all’attenzione della Corte Europea, che ha aperto una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia e l’ha condannata a pagare oltre 42 milioni di euro di sanzioni. Soldi che sono stati anticipati dal Ministero dell’Economia, che ora li rivuole indietro, e che per questo ha reiterato l’azione di rivalsa nei confronti delle amministrazioni comunali coinvolte e della Regione. E a riaccendere i riflettori sulla vicenda sono una serie di sentenze e ordinanze emesse dal Tar Lazio negli ultimi giorni, che ha respinto i ricorsi di alcuni Comuni abruzzesi, dichiarandoli inammissibili. In altri casi, sempre il Tar Lazio, ha emesso delle ordinanze attraverso le quali ha concesso 30 giorni per presentare memorie aggiuntive in attesa delle udienze di merito, fissate il primo luglio.
UNDICI COMUNI. In sintesi, la seconda sezione del Tar Lazio ha respinto, definendoli “inammissibili”, i ricorsi dei comuni di Colledimacine, Taranta Peligna, Balsorano, Ortona dei Marsi, San Giovanni Lipioni e San Salvo. Le ordinanze, invece, riguardano i comuni di Lama dei Peligni, Casalbordino, Palena, Montebello sul Sangro e Pennadomo, e già anticipano che «il Collegio ha rilevato che sussistono seri dubbi in ordine alla ammissibilità del ricorso in esame». L’esito del ricorso, dunque, potrebbe essere sfavorevole per chi lo ha proposto.
LA STORIA. L’argomento è “storico” e anche complicato, nel senso che la prima sentenza risale al 26 aprile del 2007; in seguito il 2 dicembre del 2014 lo Stato italiano, sul quale sono state individuate ben 200 discariche (di cui 28 in Abruzzo), è stato condannato a pagare i 42 milioni di euro. Nel corso del tempo molte di queste discariche sono state bonificate; per altre, invece, è stato nominato un commissario straordinario, il generale Giuseppe Vadalà, che in base a un cronoprogramma sta provvedendo al risanamento dei siti.
IL VECCHIO ELENCO. In origine, nell’elenco completo delle discariche oggetto del procedimento di esecuzione della sentenza trasmesso dalla Commissione Europea a marzo del 2015, figuravano i comuni di Barete, Bellante, Bisenti, Colledimacine, Lecce nei Marsi, Pizzoli, Montebello sul Sangro, Balsorano, Casalbordino, Castel di Sangro, Castiglione Messer Marino, Celenza sul Trigno, Cepagatti, Fraine, Lama dei Peligni, Ortona dei Marsi, Palena Pennadomo, Penne, Pietracamela, San Giovanni Lipioni, San Salvo, San Valentino in Abruzzo Citeriore, Taranta Peligna, Torrebruna, Vasto (due siti) e Monteodorisio.
CHI È USCITO. Nel frattempo diversi siti son stati oggetto di bonifica. In Abruzzo, nell’elenco delle discariche bonificate del Ministero dell’ambiente aggiornato al 29 novembre 2018 figurano quelle di Ortona dei Marsi, Palena, Bellante, Celenza sul Trigno, Lama dei Peligni, Vasto, Casalbordino e Balsorano.
LA PAURA DEI COMUNI. Le amministrazioni hanno impugnato la nota della Ragioneria dello Stato attraverso la quale il Ministero delle Finanze preannuncia il reintegro delle somme anticipate, e reitera l’azione di rivalsa nei confronti della Regione e delle amministrazioni nel cui territorio insistevano le discariche finite nel mirino della Corte Ue.
QUESTIONE DI TEMPO. L’azione promossa nei confronti del Comune di Colledimacine, si legge in atti, contiene una valutazione di 988mila euro, ma per ora non può essere considerata come una vera e propria richiesta. Come hanno ricordato i giudici del Tar Lazio, l’atto del quale Colledimacine e gli comuni hanno chiesto l’annullamento, per ora, è «privo di carattere provvedimentale e di portata lesiva». A spiegare perché sono gli stessi giudici: per definire la cifra esatta che ogni Comune dovrà riversare allo Stato occorrerà sottoscrivere un’intesa, che al momento non risulta essere stata raggiunta. Solo dopo l’intesa lo Stato potrà richiedere le somme, ma è solo questione di tempo, perché non potrà esimersi dal farlo. «In nessun punto, infatti» si legge nelle sentenze, «la nota contiene precise statuizioni, in termini di obbligo di corrispondere un quantum, quale conseguenza dell’azione di rivalsa dello Stato italiano nei confronti dell’ente locale. In particolare, ogni eventuale obbligo di dare è rimandato a un momento successivo, nel quale si dovrà cercare di raggiungere un’intesa per ottenere una soluzione condivisa da tutti gli attori istituzionali coinvolti. Solo nell’ipotesi in cui tale intesa non dovesse essere raggiunta il provvedimento dovrà essere emesso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri».
LA DECISIONE. I ricorsi, dunque, sono stati definiti inammissibili perché «allo stato manca un nocumento» in capo ai Comuni ricorrenti, non essendo certo né quanto, né quando i Comuni dovranno pagare. Sentenze, che tuttavia non mettono i Comuni al riparo dalle pretese risarcitorie del Ministero dell’Economia, che dopo la sottoscrizione dell’intesa passerà all’incasso.
In molti casi si tratta di somme importanti, in grado di mettere seriamente in difficoltà i bilanci degli enti locali.
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