Ex centrale più antica del Comune

Spuntano nuovi documenti, gli ambientalisti: «Ora sì al vincolo»

 PESCARA. La facciata in mattoncini rossi dell'ex centrale del latte in via del Circuito fa capolino in città prima della realizzazione del Comune. Il profilo in bianco e nero del vecchio opificio è immortalato su cartoline d'epoca, su una brochure storica della ditta Staccioli che attribuisce la paternità all'architetto Florestano Di Fausto e in un articolo della Rivista del popolo d'Italia del 1934.  I documenti, scovati da Italia nostra, Comitato abruzzese del paesaggio e Wwf, sono stati consegnati a Fabrizio Magani, direttore generale dei Beni culturali e paesaggistici dell'Abruzzo, chiamato a pronunciarsi nei prossimi giorni sull'apposizione del vincolo di tutela. Per gli ambientalisti, il materiale confermerebbe l'importanza storica e architettonica dell'edificio, considerato uno dei simboli della città durante il ventennio fascista e un prototipo a cui si sono ispirate strutture come il municipio.  Nell'articolo che risale al settembre del 1934 intitolato «Rinascita di Pescara», il capoluogo adriatico «in una fioritura superba di palagi e di rettilinei da città di prim'ordine» è descritto come una città «che va celermente trasformandosi e abbellendosi». Tra «corsi chilometrici imponenti, costruzioni d'eccelsa mole, alberghi sontuosi e un lungomare meraviglioso» compare l'immagine della vecchia latteria sociale, accanto al Palazzo delle corporazioni, attuale sede della Camera di commercio, il Ponte del littorio e corso Vittorio.  Nella brochure storica della ditta Staccioli che, nel 1932, realizza l'opificio di via del Circuito, è specificata la paternità: architetto di Fausto, lo stesso del ministero degli Esteri del governo Mussolini, impegnato a Tirana, in Libia e nel Dodecaneso.  La conferma del valore architettonico arriva anche da Claudio Varagnoli, ordinario di Restauro architettonico all'università D'Annunzio, la cui tesi è opposta rispetto all'intervento del docente Lucio Zazzara. Varagnoli mette in relazione la tipologia edilizia dell'ex centrale del latte con gli esempi di Brescia, Vicenza e Roma e con i canoni estetici dei palazzi del governo e del Comune, dell'ufficio postale e della cattedrale. «È in gioco il destino della città, sottoposta a spinte speculative sempre meno controllabili che stanno modificando la struttura urbana», avverte il docente, «consistenti minacce investono da tempo il borgo Marino e le architetture floreali delle ville del lungomare. Nessuno pensa che il moncone debba rimanere così e appare difficile passare a una totale ricostruzione. Si può pensare a una sua conservazione nel nuovo progetto».  Le associazioni che si battono per il vincolo hanno lanciato una campagna di volantinaggio contro la «damnatio memoriae». Cartoline con l'immagine della latteria sociale sono stati consegnati per strada e negli uffici do Sovrintendenza e Comune. Per la tutela anche 23 consiglieri di maggioranza e opposizione che hanno scritto una nota alla Sovrintendenza.

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