Francesco alla Perdonanza «Ricostruire tutti insieme» 

Le quattro ore del pontefice in città, l’elicottero cambia rotta per la nebbia

L’AQUILA. L’elogio della debolezza. Papa Francesco in carrozzina, il capo lievemente reclinato, davanti alla Porta santa di Collemaggio, è l’immagine forte della Perdonanza 2022. Il pontefice prima tende le mani per farsi sollevare. Poi, quando il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi gli consegna il ramo d’ulivo del Getsemani, percuote in piedi, con ritrovato vigore, il pesante portone. E i tre colpi rimbombano dagli altoparlanti. La Porta, alle 11,39 – altra prima volta – è aperta. Una marea di gente l’attraversa. Il Perdono è per tutti. I primi sono i prediletti del Papa. Quelli in carrozzina. Proprio come lui. E allora ecco entrare la signora Lubiana, sospinta dalla figlia Valentina Zuccon, che si commuove scendendo la stessa pedana dove appena un attimo fa è passato il pontefice. Dietro di lei Tommaso, giovane accompagnatore, figlio di Bruno Cotellessa. E poi ancora, in rapida successione, padre Giuseppe De Gennaro, gesuita come Bergoglio, tornato all’Aquila per concelebrare. E la signora Adriana, stretta in un giubbetto color grigio fuori stagione dal quale non si separa mai. Quasi in un ideale passaggio di testimone, da Wojtyla (in città nel 1980) a Ratzinger (qui nel 2009) il Papa argentino non nasconde nulla di quello che il suo fisico oggi racconta. S’incastra la veste bianca sotto alle ruote? Niente paura. La pedana della sedia a rotelle resta abbassata? È lui stesso a sbloccarla. E poco importa, allora, se la messa solenne per il Giubileo aquilano può soltanto presiederla – lasciando la liturgia eucaristica al cardinale arcivescovo Giuseppe Petrocchi e ai concelebranti principali, il cardinale Enrico Feroci nativo di Pizzoli e il vescovo ausiliare Antonio D’Angelo – dal seggio più in alto di tutti in questa spianata di Collemaggio baciata dal sole e da un cielo azzurrissimo. Per la prima volta di un Papa alla Perdonanza si temeva la pioggia, ma arriva la nebbia. Poi svanita. Giornata storica per la città, che il Papa nomina «capitale del Perdono e della Pace» e per l’Abruzzo intero. Ripetendo lo slogan “Jemo ’nnanzi”, andiamo avanti.
atterraggio col brivido
Quando la gente – radunata a Collemaggio anche fin dalle 6 del mattino – vede sfilare l’elicottero bianco sopra al Parco del Sole in direzione Ovest, s’intuisce subito che la domenica inizierà con l’imprevisto. È lo stesso Papa a raccontarlo, alzando gli occhi dai fogli dell’omelia già pronta da almeno due giorni e parlando a braccio del disguido vissuto al suo arrivo. «Non potevamo atterrare, c’era nebbia fitta, tutto scuro, non si poteva. Il pilota dell’elicottero girava, girava e, alla fine, ha visto un piccolo buco ed è entrato lì: è riuscito, un maestro». «Con la nostra miseria succede lo stesso», spiega il pontefice, che sull’imprevisto costruisce una catechesi. «Giriamo, giriamo, e alle volte il Signore fa un piccolo buco: mettiti lì dentro, sono le piaghe del Signore», è «la misericordia che viene nella mia, nella tua, nella nostra miseria». Crede fermamente ai concetti di misericordia e miseria da avervi dedicato, nel 2016, la lettera apostolica Misericordia et Misera: Cristo e l’adultera. Quale migliore occasione della festa del Perdono per ribadire il binomio?
quattro ore intense
La giornata speciale dell’Aquila – sveglia all’alba quasi per tutti, corsa alla navetta, fedeli in fila coi biglietti alla mano a uso degli zelanti controllori – ha il suo primo momento alle 8,46. Questa l’ora dell’atterraggio (la ripartenza alle 12,30) che avviene non allo stadio Gran Sasso d’Italia, ma al campo di atletica di piazza d’Armi. Qui si raduna un popolo di mattinieri che quasi infila la testa nella 500L bianca per gridargli: «Buongiorno, santo padre». Itinerario diverso, dunque, per l’arrivo in piazza Duomo, scenario del primo appuntamento pubblico. Un incontro per toccare con mano le ferite, fisiche e non, ancora aperte del terremoto. Poi il tragitto, a passo d’uomo, fino a Collemaggio, in papamobile. Sulle orme di Celestino (che qui arrivò a dorso d’asino) ma senza i palafrenieri Carlo II d’Angiò e Carlo Martello. Al passaggio dell’auto scoperta fedeli in piedi sulle sedie per fotografarlo. Applausi ricambiati con benedizioni, sorrisi e cenni della mano destra.
CHI INVITARE A PRANZO
Poveri, storpi, zoppi, ciechi. Queste le quattro categorie che il Vangelo di Luca indica come prioritarie quando si deve invitare qualcuno a pranzo o a cena. Ma oggi più di uno di questi dodicimila o forse più salterà a pie’ pari il pasto all’ora canonica. Quella di Collemaggio è anche l’unica messa celebrata di mattina in tutto il territorio della diocesi. Una liturgia seguita dalle suore dei monasteri, dispensate dalla clausura per l’eccezionalità dell’evento, e concelebrata da un altro cardinale (Beniamino Stella, nipote dello scomparso arcivescovo Costantino Stella), venti vescovi (da tutte le diocesi d’Abruzzo e Molise e da alcune regioni limitrofe) e ben 140 sacerdoti. Tra questi – sotto uno degli ombrelli bianchi aperti durante la distribuzione dell’eucarestia – anche l’aquilano padre Fabio Silvestri, 46 anni, oggi ministro della provincia veneta dei Carmelitani scalzi, che in questa basilica, allora ancora sventrata dal terremoto, celebrò, nel 2010, la sua prima messa. È voluto tornare: 1.200 chilometri d’amore. Ai piedi dell’altare il selfie di don Osman Prada, che indica col dito la Madonna della Croce del santuario mariano di Roio Poggio intronizzata sul palco bianco del Papa.
davanti a francesco
C’è un gruppetto di fortunati ammessi faccia a faccia col Papa. È il drappello dei fedeli scelti per portare i doni sull’altare durante l’offertorio. Tra questi, la famiglia Fidanza con papà Raffaele e mamma Claudia Marinangeli, che presentano al pontefice i loro tre figli: Domenico di 4 anni, Giulio, di due anni e mezzo e Anna (tre mesi). «”Che bella famiglia”, ci ha detto il Papa», racconta mamma Claudia appena scesa dall’altare. «E si è anche commosso». Fra Luca Casalicchio, religioso Cappuccino, ha portato le ampolline con vino e acqua. «Emozionante stare al cospetto del vicario di Cristo». Con lui una suora di clausura. E poi una coppia di diversamente giovani, Luigi Barone e Dorotea Gomez.
papà francesco
Non è un refuso. Gioca sulla A accentata il cardinale arcivescovo Giuseppe Petrocchi, soddisfatto artefice della venuta del Papa, mentre si appresta a congedare l’illustre ospite.
«La popolazione montanara ha reagito: dopo la notte oscura del terremoto, nel cielo dell’Aquila si è accesa l’alba della resurrezione. Le vogliamo un mondo di bene, papà Francesco».
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