«Ho visto la slavina piombare dall’alto»

Parla il superstite, lo chef Giampiero Parete. Si è aggrappato a un albero e poi ha raggiunto l’auto

PESCARA. «Sono vivo perché ero uscito dall'hotel per andare a prendere una medicina in automobile per mia moglie, che aveva mal di testa». Ricostruendo i minuti in cui è riuscito miracolosamente a sfuggire alla morte Giampiero Parete, lo chef 38enne di Montesilvano sopravvissuto alla valanga che si è abbattuta sull'Hotel Rigopiano di Farindola, è preoccupato per la moglie Adriana Vranceanu, di origine romena, 37 anni, e per i loro bimbi, Ludovica, 6 anni compiuti il 13 gennaio e festeggiati insieme alla sua mamma, e Gianfilippo, 8 anni.

Mercoledì pomeriggio li ha lasciati in albergo pensando di rivederli dopo pochi minuti ma di loro non si sono avute più notizie. La famiglia di Montesilvano e gli altri ospiti erano pronti a lasciare Farindola, avevano pagato e raggiunto la hall in attesa dello spazzaneve che, a quanto pare, era atteso per le 15, ma poi l'arrivo è stato posticipato alle 19.

«Sono uscito per le medicine e mentre stavo rientrando», ha detto, «ho sentito come uno scricchiolio degli alberi, ho visto la valanga arrivare sull'albergo e sono stato raggiunto dalla neve, ma sono riuscito a liberarmi, aggrappandomi a un ramo. Ho provato a rientrare in hotel, ma ho rischiato di rimanere intrappolato, e poi mi sono infilato in macchina, insieme al manutentore dell'hotel».

Parlando, lo chef piange e si dispera pensando a moglie e figli, e della sua bimba ha portato con sé lo zainetto delle Winx, che aveva in auto. Le condizioni di salute dell’uomo sono andate via via migliorando nel corso della giornata, anche se quando è arrivato in elicottero all’ospedale di Pescara era in ipotermia, come spiega il primario Tullio Spina, che ha assicurato anche un supporto psicologico al 38enne e ai suoi cari.

Al fianco di Parete, in una zona un po' appartata del reparto di Rianimazione dell’ospedale, ci sono i genitori Gino e Dea, proprietari della nota pasticceria Gino di via del Circuito, e la sorella Maristella, che non possono credere a questa tragedia, e poi altri parenti che arrivano alla spicciolata per supportare la famiglia. Un altro fratello, Giampiero, ha raggiunto Farindola, dove si continua a cercare tra le rovine dell'hotel. E con lo chef c'è il suo datore di lavoro, Quintino Marcella, proprietario del ristorante "Isola Felice di Silvi" e suo ex insegnante.

È stato Marcella a ricevere l'allarme da Rigopiano, due giorni fa, quando Parete lo ha chiamato attraverso Whatsapp per dirgli che l'albergo era «caduto» dopo una valanga e per chiedere di avvisare i soccorritori.

Marcella si è rivolto alla prefettura, dove sapevano che a Farindola era tutto nella norma «perché due ore prima avevano parlato con il direttore dell’hotel», dopodiché ha insistito a sollecitare i soccorsi, facendo diverse telefonate «a 113, 112, 118, 117, 115», e ha inviato messaggi ad alcuni amici, anche quelli di Farindola, per chiedere di intervenire nell’hotel per trarre in salvo gli ospiti. Marcella ha mantenuto i contatti con Parete, dicendogli che «stavano arrivando» i soccorsi ma in serata le comunicazioni tra i due si sono interrotte. Fino a ieri mattina, quando lo chef (che in passato ha lavorato in un ristorante di Cappelle con il padre) ha richiamato il suo datore di lavoro e gli ha detto che «presto sarebbe arrivato in elicottero».

Un dramma che Grazia Colangeli, di Farindola, da ottobre cameriera al resort, ha vissuto da superstite, perché mercoledì doveva essere al lavoro, ma è stata “graziata” dalla generosità dei suoi colleghi. «Ho sentito il mio responsabile lunedì», racconta Grazia in lacrime, «dovevo attaccare il martedì sera per fare anche il mercoledì mattina e Alessandro Giancaterino mi ha detto di non preoccuparmi, c’è troppa neve, non salire. Ci pensiamo noi». Una generosità che, come racconta la stessa Grazia, era il segno distintivo del gruppo che lavorava con Roberto Del Rosso. «Roberto ci trattava tutti come dei figli, un gruppo affiatatissimo, tutti regolarizzati. E Roberto non sgarrava mai».

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